I terroristi che si sono fatti esplodere nella metro e all’aeroporto spiavano il direttore del programma di ricerca e sviluppo nucleare
Il vero obiettivo erano le centrali nucleari belghe. Ma la cellula terroristica che ha colpito Bruxelles è stata costretta a un cambio di programma. Soprattutto dopo l’arresto di Salah Abdeslam, avvenuto il 18 marzo nel quartiere di Molenbeek dopo quattro mesi di latitanza. E la sua disponibilità a collaborare, sbandierata ai quattro venti dal suo legale Sven Mary (aggredito questa mattina da un uomo che lo accusava di aiutare un terrorista, l’avvocato ha comunque avuto la meglio), che adesso fa sapere che il suo cliente vuole tornare in Francia “il più velocemente possibile“, contrariamente a quanto detto subito dopo la cattura.
A svelare il piano dei terroristi è il quotidiano belga La Derniere Heure, secondo cui i due fratelli Ibrahim e Khalid El Bakraoui (che si sono fatti esplodere, il primo in aeroporto e il secondo nella metro) avevano recuperato una telecamera che era stata nascosta davanti alla casa del direttore del programma di ricerca e sviluppo nucleare. Il video è stato recuperato dai due uomini dopo gli attacchi di Parigi e questo, sottolinea il giornale, mostra il collegamento tra Francia, Belgio e Siria nella pianificazione delle stragi. Il filmato di 12 ore è stato poi sequestrato in una successiva perquisizione a dicembre, in occasione dell’arresto di uno dei sospetti attentatori di Parigi, Mohamed Bakkali. La scoperta avrebbe spinto, il 17 febbraio scorso, al dispiegamento di 140 militari intorno alle centrali nucleari per garantirne la sicurezza.
E’ solo l’ultimo dettaglio inquietante che emerge dalle indagini sulle stragi che hanno messo in ginocchio la capitale d’Europa martedì scorso, uccidendo 32 persone (quelle finora accertate) e ferendone 270. Ma non è l’unico particolare che trapela. Secondo il Corriere della Sera, infatti, ci sarebbero quattro terroristi appartenenti allo stesso gruppo ancora latitanti. Sarebbero reclutatori e fiancheggiatori che avevano contatti con Najim Laachraoui (leggi la scheda), 25enne, nato in Marocco e cresciuto nel quartiere di Schaerbeek, che si è fatto saltare in aria all’aeroporto di Zavantem, ed era considerato l’artificiere della cellula dell’Isis responsabile delle stragi del 13 novembre a Parigi e poi di quelle di Bruxelles. Il suo Dna è stato recuperato dalle cinture esplosive del Bataclan e dello Stade de France.
Da fonti vicine all’inchiesta trapela inoltre che il commando entrato in azione il 22 marzo sarebbe stato composto da cinque uomini, e non da quattro come finora ipotizzato. Gli investigatori – secondo la radio belga Rtbf – sono convinti, infatti, che durante l’attacco nella metropolitana di Maelbeek, cuore delle istituzioni europee, era presente un secondo attentatore assieme a Khalid El Bakraoui, 27 anni, il kamikaze che si è fatto esplodere uccidendo 20 persone, tra cui, molto probabilmente, anche Patricia Rizzo, funzionaria italiana dell’Ue. La polizia belga cerca di determinare la sua l’identità. Come rende noto l’emittente, la sua presenza è stata rivelata dalle immagini delle telecamere di sorveglianza accanto a El Bakraoui proprio pochi istanti prima che questi si facesse esplodere. L’uomo porta con sé un borsone. Non è confermato se sia rimasto ucciso nell’attentato o se invece sia riuscito a fuggire, come ‘il terzo uomo‘ dell’aeroporto di Zavantem: il terrorista ancora senza nome immortalato con un cappello nero e una giacca chiara assieme a Najim Laachraoui e a Ibrahim El Bakraoui, 30 anni, fermato in Turchia, estradato e poi rilasciato dalle autorità belghe “permancanza di prove” nonostante fosse un soggetto attenzionato e con precedenti.
L’attentatore dell’areoporto ancora ricercato, durante il viaggio in taxi verso lo scalo parlò degli americani e di quanto fosse in disaccordo con alcune loro politiche. Lo riporta La Derniere Heure, raccontando che il tassista è stato coinvolto nella conversazione. Gli altri due uomini, che si sono poi fatti esplodere, erano invece molto silenziosi. Il tassista ha anche raccontato che nell’abitacolo dell’auto ha sentito odore di ammoniaca, ma non ha dato peso alla cosa. Dopo aver lasciato i tre uomini all’aeroporto e aver in seguito sentito delle esplosioni, è andato alla polizia. Qui ha raccontato dei tre pacchi caricati nell’auto, informazione che ha permesso di trovare la terza bomba inesplosa nell’aeroporto e di individuare il covo di Schaerbeek da dove la cellula è partita. All’interno la polizia ha trovato detonatori, una valigia piena di chiodi, centinaia di litri di prodotti chimici e una bandiera nera dello Stato islamico. Secondo il sindaco di Schaerbeek, Bernard Clerfayt,l’appartamento era già stato segnalato alla polizia da un vicino, che aveva raccontato di vicini “strani” (guarda).
L’avvocato difensore di Salah Abdeslam, Sven Mary, è stato aggredito da una persona che lo accusava di aiutare un terrorista. Secondo quanto riferisce il quotidiano belga Le Soir, il legale è riuscito ad avere la meglio sull’aggressore ma ha comunque deciso di chiudere lo studio per garantire la sicurezza dei suoi collaboratori.
“Il Fatto Quotidiano”
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