Taormina: “Non sussistono motivi per la detenzione, abbiamo chiesto la revoca del provvedimento ma intanto procediamo con l’istanza al Tribunale del Riesame”
CIVITAVECCHIA – Il primo ad arrivare questa mattina al Tribunale di Civitavecchia è stato, come suo solito, il professor Carlo Taormina che difende sia Moscherini, insieme all’avvocato Pierluigi Bianchini e Vincenzo De Francesco insieme a Matteo Mormino. La notizia è di quelle che fanno gola e quindi grande ressa di giornalisti, fotografi, cineoperatori e anche qualche camminator servente pronto a “fotografare” i fedelissimi rimasti al fianco degli indagati.
Alle 9,30 in punto è arrivato Vincenzo De Francesco accompagnato da Matteo Mormino e insieme al professor Carlo Taormina si sono subito infilati nella stanza del Gip Massimo Marasca.
Un incontro durato poco più di un’ora e mentre De Francesco riprendeva la via di casa accompagnato dai famigliari entrava in scena l’ex sindaco Giovanni Moscherini che, contrariamente alle sue note abitudini, si presentava in largo anticipo rispetto all’appuntamento fissato per le 11 e 30.
La sua posizione, come confermerà alla fine Taormina, essendo più articolata e complessa rispetto a quella molto marginale di De Francesco ha richiesto all’incirca due ore.
Un tempo necessario per spiegare bene, nel dettaglio, i fatti a lui contestati e cercare di ricostruire avvenimenti, o meglio accadimenti, che risalgono al 2013.
Già perché il ruolo di De Francesco, in questa vicenda, non si riesce proprio a capire quale sia se non quello di aver presentato i fratelli Rossi a Moscherini.
Giovanni Moscherini non si è sottratto alle domande del giudice per le indagini preliminari che, a differenza di quello che accade normalmente negli interrogatori di garanzia, ha cercato di capire e ricostruire, attraverso le risposte fornite, i fatti di quel periodo individuato tra l’aprile e il maggio del 2013.
Il fronte d’accusa è stato scritto in base alle dichiarazioni rilasciate in sede di interrogatorio da due imputati eccellenti del procedimento relativo ai lavori della realizzazione della Darsena Grandi Masse e cioè l’allora presidente Pasqualino Monti e il segretario generale Maurizio Ievolella.
I due indagati hanno dichiarato al magistrato inquirente, dottor Lorenzo Del Giudice, di aver subito minacce e un tentativo di estorsione dall’allora ex sindaco di Civitavecchia, in veste di intermediario della Romanacav srl di Sara Rossi, cava in disuso nei pressi di Viterbo.
Essendo il procedimento diverso, il magistrato ha stralciato la posizione di Moscherini e De Francesco da quello originario (dove rimangono indagati a vario titolo, oltre Monti e Ievolella, una lunga serie di imprenditori e professionisti) e ne ha aperto uno nuovo.
Sarebbero state ammesse espressioni del tipo “Così passi guai” e “Lo dico per il tuo bene”. Ma, come ha espressamente detto Taormina: “E’ stata fornita un’interpretazione completamente alternativa”. In altre parole, Moscherini avrebbe smentito che nelle sue parole ci fossero intenti estorsivi o minacce.
A sostegno delle accuse di Monti e Ievolella (a dir la verità quest’ultimo non sembrerebbe aver subito pressioni di alcun genere, leggendo gli atti), il magistrato ha ascoltato alcune persone informate sui fatti.
Tra questi due personaggi ben noti nel viterbese e cioè i fratelli Giulio e Giorgio Rossi.
Ebbene, proprio dalle dichiarazioni di questi due emergono fatti a dir poco inquietanti e cioè la documentazione acquisita, attraverso un regolare accesso agli atti, del fascicolo della Romanacav srl conservato negli uffici dell’assessorato ai lavori pubblici del Comune di Viterbo.
Da questi documenti, emerge un dato inequivocabile e, allo stesso tempo, incontestabile e cioè, se mai si fosse andati avanti nelle trattative sarebbe emerso che quella cava era esaurita e che la titolare, Sara Rossi, non aveva alcuna autorizzazione alla coltivazione (estrazione) attraverso l’ampliamento del sito in altre zone adiacenti.
Per capire meglio il concetto, i Rossi avevano dato un mandato a vendere a Moscherini senza averlo messo al corrente che la cava, di fatto, non era in grado di offrire anche la più piccola breccola di basalto.
Nelle dichiarazioni rese in sit al Corpo Forestale dello Stato, delegato dal magistrato alle indagini, non hanno fatto cenno a questa verità, certificata da documenti incontrovertibili e protocollati al Comune di Viterbo.
Come dire che i Rossi avrebbero dato un mandato a vendere a Moscherini della Fontana di Trevi.
Altro punto a favore di Moscherini sono proprio le intercettazioni telefoniche riesumate a sostegno del provvedimento emesso dal Gip e cioè la scoperta da parte di Moscherini di trovarsi difronte ad una cosa irrealizzabile e l’allontanamento dei due personaggi oggi grandi accusatori.
Ma v’è di più.
Che i Rossi avessero in mente di truffare tutti e per fare questo utilizzare una persona libera da vincoli e ottimo professionista con molte conoscenze comeGianni Moscherini è proprio Giorgio Rossi che il 10 settembre del 2015 agli agenti di polizia giudiziaria dichiara:
“Moscherini inizia a trattare per vendere la nostra azienda Romanacv, con le concessioni regionali e comunali, trattando con la Fincosit Grandi Lavori che stava facendo i lavori in porto”.
Niente di più falso. Infatti, è proprio il Comune di Viterbo a smentirli con atti ufficiali.
I terreni di loro, diciamo proprietà, né tanto meno i terreni di proprietà del De Santis (che comunque non hanno il basalto ipotizzato nel tentativo di vendita) non potevano essere sfruttati dalla Romanacav come esplicitamente sancito dagli uffici del Comune di Viterbo che negavano l’ampliamento richiesto con lettera presentata in data 20/09/2012 prot. 33099: “si comunica che la medesima non può essere accolta”.
Facevano sopralluoghi, indicavano punti di estrazione, immaginavano e fantasticavano guadagni milionari ma alla base di tutto ciò mancava un particolare fondamentale, la società NON POTEVA, NON ERA AUTORIZZATA, a scavare ed estrarre anche un solo ciottolo di basalto.
Di questa verità, in quei due verbali, non c’è traccia.
Perché i fratelli Rossi non hanno raccontato la verità, anzi l’hanno totalmente omessa?
Perché non hanno detto di aver subito diverse denunce penali e civili da parte del socio di maggioranza Jin Feng Weiming?
Altro punto cardine è la minaccia a Monti e la presunta estorsione.
Perché il presidente Pasqualino Monti, spaventato dalle minacce fatte da Moscherini, non ha denunciato subito il fatto all’autorità giudiziaria ma si ricorda di farlo con anni di ritardo?
O quelle ricevute non erano minacce o Monti sapeva bene che era la persona sbagliata a riceverle.
Già perché l’Autorità Portuale era la base appaltante ma chi aveva ed ha il boccino in mano è chi ha vinto quell’appalto e non chi doveva controllare e non ha controllato.
Insomma, a fronte di tanti dubbi e circostanze misteriose, camminatori pronti a comunicare ambigue presente nell’atrio del Tribunale di Civitavecchia si è consumata la prima di una lunga serie di avvenimenti che riempiranno giornali di inchiostro e siti internet di migliaia di battute al desk.
Per il momento, ma solo per il momento è tutto…
VIDEO TRC DICHIARAZIONI TAORMINA