CIVITAVECCHIA – “Il CdA della Fondazione Cariciv si appresta a portare all’assemblea dei soci il Bilancio 2015 per il parere di competenza. Tutti, ed io per primo, si augurano che possa essere l’occasione per fare chiarezza sui fatti che hanno condotto alla scelta di investire più della metà della liquidità dell’Ente, affidandosi a una società elvetica, che si è rivelata di dubbia solidità, prima ancora che truffaldina”.
“Prendendo a prestito un passaggio retorico dell’orazione di Antonio in morte di Giulio Cesare, nel Giulio Cesare di Shakespere, ho sempre sostenuto: gli amministratori della Fondazione sono uomini di onore e, se hanno detto che i soldi spariti saranno recuperati, io gli credo.
La citazione è irriverente, per Antonio, naturalmente, non per i nostri prodi amministratori ed io non sono Shakespere.
Il senso, tuttavia, è quello e cioè di andare al cuore dei fatti con un artificio retorico per svelare la verità.
Per questo sarebbe stato opportuno mettere a disposizione il Bilancio non solo ai soci, ma all’intera comunità, sulla base di poche, semplici considerazioni.
1) La Fondazione è un ente sicuramente privato, ma non lo è il suo patrimonio, come ci ricorda l’art. 1) del suo Statuto: “La Fondazione è la continuazione ideale della Cassa di Risparmio di Civitavecchia, istituita da benemeriti cittadini in conformità del chirografo pontificio del 14 aprile 1847.” Ciò vuol dire che il patrimonio è stato creato da generazioni e generazioni di cittadini, in senso lato dalla comunità. Questa l’origine e non a caso negli ultimi vent’anni il patrimonio si è accresciuto vertiginosamente grazie alla partecipazione azionaria, 49%, nella Cassa. Quel 49%, dunque, costituiva l’eredità ideale di un patrimonio comune costituito in 170 anni. Ed è questo il punto: comune il patrimonio, trasparenza e piena informazione dei criteri di gestione, perché non è che, essendo l’Ente privato, lo si possa gestire come cosa propria, alla mercé degli amministratori di turno.
2) Non meno discutibile il rapporto, specie nella fase finale, con il socio di maggioranza, Intesa San Paolo. In primo luogo, la decisione di cedere l’intero pacchetto azionario la popolazione l’ha appresa quando si è vista cambiare la Banca di riferimento sul conto corrente, o peggio quando sono state rimosse le insegne gloriose della vecchia Cassa di Risparmio di Civitavecchia. C’era un altro modo per preparare e gestire il trapasso (termine non scelto a caso)?
Io credo di sì. Altre Casse dell’ex Gruppo Cassa di Risparmio di Firenze l’hanno fatto, cedendo le armi con onore e con risultati migliori. Da noi la politica di gestione del trapasso è stata frettolosa, preparata con l’obbiettivo di prendere i soldi, con il bel risultato che sappiamo. Tutto ha un costo e ciò è accaduto, mortificando le professionalità locali e cancellando storia e tradizione di un sol colpo, peraltro, tenuto accuratamente nascosto.
3) La Fondazione ha svolto compiti importanti, come non ho mai negato, nei settori della sanità e della cultura in particolare. Altre iniziative, invece, sono state assai discutibili: non solo sono state assunte in dispregio della legge istitutiva delle fondazioni di origine bancaria, ma hanno compromesso in modo via via crescente l’equilibrio dei conti, ciò che è immensamente più grave.
Un’altra notazione è d’obbligo: la spesa non viene coperta da fondi personali degli amministratori, ma dell’Ente ed invece in questi anni molti hanno avuto la sensazione che la distribuzione di soldi a pioggia dipendesse dal capriccio di pochi, peggio di una sola persona. Per la mia formazione culturale, la concezione antropomorfica delle istituzioni, pubbliche o private che siano, è semplicemente ripugnante, perché si finisce per identificare il ruolo che si riveste pro tempore con le sorti stesse dell’Ente che si rappresenta e questo provoca distorsioni irreparabili.
4) L’assemblea dei soci, recita l’art. 16 dello Statuto, è depositaria delle origini e della storia della Fondazione. Quindi, dovrebbe avere un ruolo primario. Purtroppo, non l’ha avuto, per sua scelta, in questi anni. L’appiattimento dei vari organi, d’indirizzo, di esecuzione e di controllo, è stato totale e, se un Ente, qualsiasi ente, può sopravvivere ad amministratori incapaci, disattenti o peggio animati da interessi personali, non ha futuro se l’Assemblea è priva di spirito costruttivamente critico.
Caro Direttore, capisco che alla stampa interessi essenzialmente la truffa. Non che a me non interessi, ma, alla vigilia del parere dell’Assemblea sul Bilancio 2015, m’interessa di più il futuro dell’Ente, che passa obbligatoriamente da una politica rigorosa di contenimento della spesa.
Senza rigore nella spesa, in una congiuntura, che priva quest’anno l’Ente della redditività attesa da un investimento rivelatosi fallimentare, la Fondazione non ha futuro.
La stagione degli sprechi, fortunatamente, è finita e con essa è finita anche la stagione di amministratori inadeguati. A dir poco.
Cordiali saluti”.
Ezio Calderai