Il capogruppo del M5S in consiglio regionale: “I morti sul lavoro, una strage silenziosa, sono infinitamente più numerosi ma non rientrano nelle statistiche ufficiali”
PERUGIA – “Poco o nulla cambierà in assenza di un deciso scatto culturale, necessario per arginare l’avanzata di quella deriva iperliberista e antiumana che porta lavoratori giovani e meno giovani a pagare, ancor oggi, uno scandaloso prezzo alla modernità: dalla morte civile e morale dei sottopagati a quella fisica dei caduti dentro e fuori la fabbrica, vittime di un modello politico-economico che ha svenduto alti ideali di progresso al feticismo della merce, al consumismo patologico di massa, da tempo fine a se stesso”. Lo dichiara, facendo riferimento alla sentenza sui sette operai morti sul lavoro nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino, il capogruppo del Movimento 5 Stelle all’Assemblea legislativa dell’Umbria, Andrea Liberati.
Per Liberati “affinché quella vicenda non si cristallizzi esclusivamente negli scritti di un giudice, le parti datoriali e sindacali sono chiamate una volta di più a riflettere sul valore della sicurezza sul lavoro. A riflettere su quanto si stia concretamente facendo per evitare anche un solo nuovo infortunio, un danno permanente, un’altra famiglia distrutta. A riflettere su quale affidabilità abbiano poi certi burocratici controlli sulla sicurezza esercitati sui grandi gruppi economici da autorità moralmente responsabili pro quota. Da molti anni la stessa Umbria – sottolinea il consigliere di opposizione – occupa il primo o il secondo posto quale regione per morti sul lavoro in rapporto agli occupati. Come mai?”.
Andrea Liberati rileva infine che “i numeri di questa strage silenziosa sono certamente ben più ampi, ma non rientrano nelle statistiche ufficiali: pensiamo anche alle tipiche morti da inquinamento sul luogo di lavoro. A quelle per amianto. Pensiamo a quelle vite isolate e dunque spesso dimenticate, prematuramente perdute, sfinite su un lettino di ospedale, dove si era giunti con un filo di tosse che non andava via. Ognuno di noi porta dentro una qualche forma di responsabilità, perché alcune dinamiche sono note da tempo”. (Acs)