Nel 2013 Boyan Slat aveva soltanto 18 anni, ma stupì il mondo con una geniale idea sulla pulizia degli oceani dai milioni di tonnellate di plastica che stanno mettendo a rischio l’habitat marino. Ora il giovane è riuscito a raccogliere il denaro necessario per mettersi all’opera e cominciare il progetto ambientalista più vasto e ambizioso mai realizzato sul pianeta Terra.
Gli oceani sono ormai intasati dagli oggetti di plastica che gli esseri umani scartano e che vanno a finire in mare. Grazie alle correnti sono cinque le enormi isole di spazzatura che ingorgano le acque oceaniche: soltanto nel Pacifico si parla di 150milioni di tonnellate di rifiuti che in alcune zone superano la concentrazione di plankton. In tutto sono 5250 miliardi i pezzi di rifiuti che inquinano gli oceani e i mari. Fino a questo momento l’unica strada consigliata è stata quella di consumare meno plastica per non peggiorare la situazione.
Boyan Slat, nato in Olanda nel 1994, ha rovesciato la percezione del problema: “Era deprimente per me pensare che non si potesse fare nulla se non limitare il consumo”. E così nel 2012, chiuso nella propria camera di studente, ha immaginato un sistema che sfrutta le correnti dell’oceano per concentrare la plastica in un unico luogo, riducendo drasticamente a pochi anni il tempo di pulizia delle acque.
Nel 2013 ha fondato a questo scopo The Ocean Cleanup, con la quale ha ottenuto grazie al crowdfunding il denaro necessario (1 milione e mezzo di euro) per costruire il primo prototipo di barriera sottomarina che comincia il test in questi giorni nel mare del Nord. E’ la prima volta che Boyan Slat e i tecnici della sua fondazione sperimentano il dispositivo su larga scala. Un momento storico. L’idea in sintesi è la seguente: un muro a forma di V spingerà la spazzatura in una area delimitata, dalla quale sarà poi semplice prenderla e riciclarla.
Se la tecnologia ideata da Slat avrà successo, potrà essere usata per rimuovere in soli 10 anni almeno la metà dei 154 milioni di rifiuti e plastica che ormai galleggiano in quella che viene ormai chiamata la Great Pacific Garbage Patch, un’ enorme isola di immondizia che si trova nell’Oceano pacifico. Senza la barriera di “The Ocean Cleanup” e dunque soltanto con l’aiuto delle correnti naturali, gli umani ci metterebbero 79mila anni a ripulire le acque dalla plastica.
“Invece di rincorrere la plastica usano reti e navi, che richiederebbero un tempo infinito” ha spiegato il giovane fondatore di The Ocean Cleanup alla edizione americana dell’Huffington Post.
“The Ocean Cleanup” ha calcolato che se nessuno intervenisse, entro il 2050 gli oceani conterrebbero più plastica che pesci. Un’apocalisse ambientale che Boyan vuole assolutamente evitare, e con lui gli imprenditori che lo stanno aiutando a materializzare il suo sogno.
Per Slat è anche una lotta contro il tempo: già ora la plastica che galleggia negli oceani interferisce con la vita degli animali e dei pesci, andando a finire nel loro stomaco o imprigionandoli fino alla morte. Ma con il passare del tempo la spazzatura si decompone in micro-plastica ancora più difficile da recuperare, perciò non è il caso di attendere.
“Questa è la prima volta che testiamo davvero la nostra idea. Quando ho pensato a tutto questo nel 2012, dovevamo capire se poteva funzionare. Abbiamo lanciato una grossa spedizione per capire quanta plastica ci fosse attualmente negli oceani. Attraversando l’isola di spazzatura nel Pacifico dalle Hawaii alla California con 30 imbarcazioni, abbiamo scoperto che c’era molta più plastica di quanto pensassimo, almeno 10 tonnellate in più”.
“Ora con questo esperimento testiamo sul serio le nostre idee”, continua Slat riferendosi alla struttura di 100 metri che verrà adagiata in questi giorni cinque metri sopra e cinque metri sotto il mare, dove rimarrà per un anno: “Il mare del Nord registra tempeste più forti del Pacifico – perciò se resiste qui, può resistere ovunque”.
Mentre parte la prima vera sperimentazione della barriera di The Ocean Cleanup, la stessa fondazione raccomanda di cambiare le nostre abitudini quotidiane cercando di usare meno plastica possibile: per esempio smettendo di acquistare acqua in bottiglia o riutilizzando gli oggetti di questo materiale come le borse per la spesa, e prediligendo il cibo senza imballaggio in plastica. Piccoli cambiamenti che non peggiorano la situazione, e renderanno il lavoro di Boyan Slat sostanzialmente più veloce.
Fonte: “L’Huffington Post”
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