Mi fermo in un’area di servizio a fare rifornimento.
Al margine dell’area, vicino alla strada, una macchina dei vigili urbani e poco avanti l’autovelox.
Un vigile, all’ombra della pensilina del distributore, sta tranquillamente giocando con lo smartphone, forse anche lui cerca pokemon, mentre all’interno del bar la collega si sta bellamente facendo i fatti suoi.
Le auto sfrecciano, il tratto si presta alla velocità, un lungo rettilineo di una strada a due corsie per ogni senso di marcia e priva di attraversamenti a raso, una strada inizialmente equiparata a raccordo autostradale con limite a 130 e poi declassata portando i limiti prima a 110 poi a 90.
Difficile non superare i limiti volutamente imposti per far cassa, si dovrebbe viaggiare con il freno a mano tirato.
Ma le velocità non sono comunque eccessive.
Eppure basta quel poco in più per contribuire a rimpinguare le casse comunali del piccolo paesino distante quattro chilometri da quel tratto di strada, un piccolo paese che ha magari due soli vigili urbani e vengono spediti entrambi a fare quel vergognoso lavoro di killeraggio, cecchini inviati da un cattivo amministratore che conosce solo quel sistema per risanare i bilanci.
Non importa prevenire, meglio reprimere, meglio fare cassa.
E così in un tratto di strada di pochi chilometri, ben tre paesi grandi uno sputo mungono ignari automobilisti che hanno il torto di superare anche di poco i 90 all’ora.
I limiti vanno rispettati, certo, ma andrebbero anche applicati con criterio, valutando le condizioni delle strade e non quelle delle miserie dei bilanci comunali.