L’Ufficio tecnico comunale non ha ancora provveduto a far fissare a terra le barriere che restringono la strada di accesso alla zona archeologica, per impedire il transito dei mezzi superiori a 3,5 tonnellate e far rispettare l’ordinanza n. 23 del 2015
OTRICOLI – Avevamo già sollevato pubblicamente la questione. L’ordinanza comunale n. 23/2015, che proibisce il transito dei mezzi superiori a 3,5 tonnellate nella strada di Porto dell’Olio, ad Otricoli, continua ad essere violata. I mezzi pesanti passano in area archeologica e, quando non riescono a compiere le loro manovre, tolgono di mezzo le pesanti barriere in cemento armato.
Di chi è la responsabilità? Forse, maliziosamente, si sta cercando di farla ricadere sul Corpo dei Vigili Urbani? Da qualche mese a questa parte, infatti, pare che ad Otricoli ogni cosa debba essere risolta dai vigili urbani. I vigili devono controllare, indagare, multare, sbrigare le pratiche edilizie, urbanistiche, commerciali, effettuare accertamenti, dirimere liti condominiali, provvedere alla sicurezza di alberi e piante, occuparsi delle pratiche burocratiche di feste ed eventi paesani e tanto altro. Non solo. Ma devono pure stare attenti a quali cittadini rivolgono la parola!
L’Ufficio Tecnico Comunale, il Sindaco e la Giunta che cosa fanno?
Per quanto riguarda la strada di Porto dell’Olio, uno dei punti di accesso alla zona archeologica, la Polizia Municipale non può certo garantire la vigilanza 24 ore su 24. L’Ufficio Tecnico Comunale e la Giunta, visto il posizionamento dei dissuasori, devono provvedere a farli ancorare a terra, dato che i mezzi pesanti in transito provvedono, con poca delicatezza, a spostarli.
Le Autorità preposte dovrebbero accertare per quale ragione l’Ufficio Tecnico di Otricoli, di cui il sindaco Antonio Liberati si è attribuito la responsabilità, ancora non ha adottato i provvedimenti di sua competenza, magari di concerto con la Giunta municipale: in area archeologica ci sono le “barriere mobili”.
Forse la Soprintendenza per i Beni Archeologici non consente al Comune di Otricoli di intervenire sulla strada per fissare i dissuasori?
Benissimo. Se le cose dovessero stare così, allora saremmo alla commedia. O meglio, alla farsa. E non sarebbe nemmeno la prima volta. Una farsa che si dovrebbe spostare a Palazzo di Giustizia. Sì perché a questo punto qualcuno dovrebbe riuscire a far capire ai cittadini, una volta per tutte, che cosa sta succedendo nel nostro paese, da un po’ di anni a questa parte. Infatti, come è noto, Comune di Otricoli e Soprintendenza hanno autorizzato persino la costruzione di piscine private in piena area archeologica, una delle quali, realizzata su rudere romano, è addirittura a pochi metri dalle “barriere mobili”. E i dissuasori non si potrebbero fissare in qualche modo alla strada?
Si dovrebbe inoltre chiarire:
- come fa un sindaco, pubblico ufficiale, a presiedere una seduta del consiglio comunale in cui risulta tra gli assenti. E non un consiglio comunale qualsiasi, ma una seduta in cui viene approvato il progetto (piano attuativo) per la costruzione di un mega complesso edilizio in piena area archeologica, con tanto di ristorante, camping, villaggio di case prefabbricate con piscina-laguna annessa.
- chi ha presieduto il consiglio comunale del 06 luglio 2006 in cui è stato approvato il progetto,
- come sia possibile che, il giorno dopo il consiglio comunale presieduto dal sindaco-fantasma, la Soprintendenza per i Beni Archeologici abbia rilasciato parere favorevole a quel progetto,
- come sia possibile spendere centinaia di migliaia di euro di denaro pubblico, per realizzare opere “pubbliche” nei terreni privati del proprietario del mega complesso edilizio, sempre dentro l’area archeologica. Tutto questo senza essere nemmeno sfiorati da qualsiasi indagine di natura penale o della Corte dei Conti, per accertare eventuali danni erariali.
In attesa di chiarimenti che molti ad Otricoli attendono da decenni, accontentiamoci di auspicare accertamenti circa le condotte omissive dell’Ufficio Tecnico Comunale, e della Giunta, in merito al mancato ancoraggio delle “barriere” diventate “mobili”.
Pier Paolo Palozzi
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