Non siamo a Caracas ma neanche a Paperopoli.
Credo che di fronte a certe notizie un moto d’indignazione ci sta tutto, è naturale, non penso di essere l’unico a farsi salire il sangue alla testa. Ho l’abitudine di scrivere di getto e purtroppo riconosco di non essere abbastanza bravo a far comprendere subito il mio pensiero. I miei post, ad una lettura superficiale e frettolosa, possono sembrare razzisti e fascistoidi, difatti i commenti che ne vengono fuori, solitamente, prendono una direzione che non era nelle mie intenzioni.
Altre volte le mie parole sono strumentalizzate apposta, mi attribuiscono addirittura cose che non ho mai detto e scritto. Prendiamo ad esempio questa storia dei 50 migranti di via Emilio Bianchi, dal primo momento ho dichiarato che ospitare 50 migranti in una stessa struttura, tra l’altro vicinissima a 4 scuole e in un quartiere già saturo di stranieri, fosse una scelta pessima, perché non favoriva l’integrazione, ma avrebbe aumentato il disagio degli abitanti. Sono e siamo fascisti per dire una cosa del genere? Invece di inveire contro gli immigrati o di scagliarsi contro le mie dichiarazioni, non sarebbe stato il caso di approfondire l’argomento in modo costruttivo? Destra e sinistra non esistono più, tra “affondiamo i barconi” e “accogliamoli tutti” esiste un mondo di sfumature.
Noi abbiamo provato a girare un video con Ruspantino, andando ad intervistare chi in quel quartiere ci lavora ogni giorno. Le testimonianze che abbiamo raccolte sono tante, non siamo riusciti nemmeno a metterle tutte nello stesso video, ma è evidente a chiunque che in quel quartiere ci siano problemi, che la convivenza è difficile se non sono rispettare delle semplici ed elementari regole. C’è uno spaccio di droga in pieno giorno (eroina, mica pizza e fichi), ci sono case d’appuntamenti con ragazze di varie nazionalità, ci sono magnaccia che vivono sulle spalle di queste ragazze e hanno la tracotanza dei boss mafiosi, ci sono ubriachi ad ogni ora, ci sono gare di sputo e guai a trovarsi in mezzo, ci sono commercianti derubati, ci sono bande che fanno a coltellate, c’è chi bivacca abitualmente sulla fontana di San Faustino lasciando le bottiglie vuote come trofeo, e c’è chi si è divertito ad intagliare graffiti sul portone della chiesa. No, non è il Bronx… ma non è nemmeno Paperopoli. È un quartiere della nostra città che ci sta sfuggendo di mano. Cosa possiamo fare? Certamente non andare ad inserire altri 50 migranti in una situazione già così difficile.
Penso che tutti sappiate che la Comunità Europea finanzia dei progetti d’accoglienza e che molti italiani hanno trovato un nuovo modo per arricchirsi, stipare questi disgraziati senza dargli alcuna garanzia d’integrazione, più ne arrivano più guadagnano. Ed è quello che presumibilmente avverrà anche in via Emilio Bianchi. Sì, forse gli insegneranno l’italiano. Ma servirà a qualcosa? Basta questo per integrare chi viene nel nostro Paese? Forse, per comprendere meglio la situazione, sarebbe utile se fossero resi pubblici i dati statistici relativi agli immigrati che grazie a questi progetti sono riusciti veramente a trovare un lavoro. Ci sono? Quanti sono?
Non possiamo certo fermare l’immigrazione, non è nelle nostre capacità, ma almeno concediamo a questa gente la possibilità di imparare qualcosa. Perché, per esempio, non recuperiamo gli antichi mestieri, perché i nostri vecchi non provano ad insegnare a questi ragazzi i lavori di una volta: fabbro, falegname, rilegatore, orologiaio, impagliatore e tanti altri. Laboratori che potrebbero essere frequentati anche da ragazzi italiani. Accogliere piccoli gruppi per quartiere, seguirli, integrarli, aiutarli ad imparare. In questo modo sarebbe anche più facile per gli operatori individuare e segnalare l’immigrato potenzialmente pericoloso. Ma finché buttiamo 50 migranti nella stessa struttura non faremo nessuna integrazione. Se esistono dei progetti di integrazione chiediamo di vederli, deve esistere collaborazione e chiarezza tra gli abitanti del quartiere e operatori specializzati nell’accoglienza ai migranti. La conoscenza serve ad eliminare il pregiudizio e la paura, altrimenti sembra quasi che si voglia “lucrare” sulla pelle di questa gente. Però se diciamo queste cose siamo razzisti, siamo xenofobi, siamo populisti, siamo fascisti della peggior specie. In realtà noi vorremmo che le persone iscritte nel nostro gruppo, aprissero un dialogo costruttivo, proponessero soluzioni, le invettive contro gli immigrati non servono a nulla e non risolvono il problema.
La nostra associazione si è fatta promotrice di una petizione per ripristinare il poliziotto di quartiere, abbiamo già superato le 1600 firme, non sappiamo se saremo ascoltati ma quest’iniziativa e il video di Ruspantino, hanno già portato qualche piccolo risultato. Abbiamo saputo che la pattuglia di polizia da qualche giorno passa più spesso, ha creato solidarietà e scambio di pareri tra i commercianti della zona, la creazione di un gruppo facebook, tanta gente che ne parla e ne discute, qualcuno in modo intelligente e qualcun altro alzando muri contro muri. Insieme possiamo cambiare le cose, era l’obiettivo che avevamo quando abbiamo cominciato l’avventura di Viterbo Civica. E vorremmo che continuasse ad esserlo.
Lucio Matteucci Ass. Viterbo Civica