Per una madre perdere un figlio è sempre un grande dolore, vuoi che lo perdi per un incidente oppure per un male incurabile, o per un qualsiasi altro destino fatale che te lo porta via, ma sicuramente il dolore più grande per un genitore, è quando, oltre a perderlo, un sistema ipocrita cerca in tutti i modi di infangarne la memoria.
Questo è il caso Manca, ben noto a Viterbo.
Oggi ho avuto il piacere di stringere la mano ad una grande donna, Angela Manca, in un’evento straordinario svolto presso la Libreria Etruria di Viterbo e ben condotto dalla moderatrice Simona Zecchi per la presentazione del libro “La mafia ordina Suicidate Attilio Manca” di Lorenzo Baldo.
La cosa che mi ha colpito e stata la grande partecipazione di pubblico in uno spazio forse ridotto per una presentazione così importante, ma entriamo nel merito della vicenda che ebbe origine nel lontano 12 febbraio 2004, quando in un appartamento di via Monteverdi fu ritrovato il cadavere di Attilio Manca. A dodici anni di distanza Fabio Repici e l’ex pm Antonio Ingroia vogliono un processo dove forse finalmente viene fuori la verità che il Tribunale di Viterbo ha voluto sempre nascondere, insomma un lungo viaggio alla ricerca della verità.
Verità che non cerca vendetta ma bensì l’onore di un giovane urologo specializzato nella tecnica laparoscopica, che ha forse avuto la sfortuna di assistere all’intervento alla prostata al quale, nel 2003, era stato sottoposto Bernardo Provenzano in una clinica di Marsiglia.
Come tutti ben sanno la causa della morte di questo professionista, che operava all’ospedale di Viterbo, fu l’effetto combinato di tre sostanze, alcol, eroina e Diazepam.
In questo incontro sono uscite verità e storie sconcertanti, partiamo dalle istituzioni dove in un intervento del deputato Giulia Sarti, laureata in giurisprudenza e facente parte dell’Associazione Casa della Legalità e della Cultura, impegnata nel contrasto alle mafie, inoltre aderisce al Movimento Agende Rosse nato dall’iniziativa di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo, in cui ci illustra, lei stessa sconcertata, come il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in risposta ad una interrogazione parlamentare a firma: Santangelo, Donno, Gaetti, Bertorotta, Lezzi, Paglini, Crimi, Marton, Moronese, Morra, difende senza indugio la Procura di Viterbo, infatti leggendo le cinque paginette inviate dal Gabinetto del Ministro non si può non rimanere basiti per l’appiattimento sulle tesi della citata Procura.
Per il Ministro è del tutto scontato che la morte di Attilio Manca sia da “ricollegare eziologicamente all’assunzione volontaria di sostanze stupefacenti (nella specie eroina) di cui il predetto risultava abituale consumatore”.Dello stesso tenore le considerazioni sull’acquisizione di alcuni tabulati telefonici e sull’integrazione della consulenza medico legale “i cui esiti non apparivano, tuttavia, significativi ai fini di una diversa lettura della vicenda”. Idem per la questione delle impronte rilevate, o per le tracce biologiche nell’appartamento del dott. Manca, i cui esiti, manco a dirlo “si rivelavano negativi”. Subito dopo è la volta di un copioso copia-e-incolla di una richiesta di archiviazione della Procura di Viterbo fondata sui clichè dei procuratori Pazienti e Petroselli fortemente ostili a tesi alternative al suicidio per droga.
Sempre parlando di droga altra cosa sconcertante, come ben illustrato dall’Avv. Fabio Repici, il motivo per cui Angela Manca si è trovata oggi a Viterbo, come scritto ieri sulla sua pagina di facebook:
“Aspettando l’udienza di domani a Viterbo con tanta tristezza nel cuore!”
Come spiegava l’avvocato è assurdo che venga chiamata a testimoniare una donna già addolorata e non più in giovane età, costretta a fare anche più di mille chilometri, per una udienza sulla eventuale condanna di Monica Mileti accusata di aver dato al medico Attilio Manca la dose di eroina che lo stroncò nel 2004, per un intervento di non più di 30 secondi se non prolungato dalla stessa per dichiarazioni fatti di sua spontanea volontà ma non per richiesta della difesa.
Infatti il giudice vedendo la non richiesta da parte della difesa a posto lui stesso alcune domande, ma la ciliegina sulla torta è stata la sorpresa che l’avvocato che difendeva la Mileti è lo stesso avvocato che difese Salvatore Gava nel processo contro Antonio Ingroia per calunnia.
Forse si potrebbe parlare di conflitto di interessi in quanto prima difende l’ex capo della squadra mobile di Viterbo , che allora portò avanti la tesi accusatoria nei confronti della Mileti per cessione di stupefacenti, poi oggi lo troviamo come avvocato difensore della stessa Mileti in sostituzione del suo avvocato di fiducia, come aveva già riferito in un incontro al bar con l’avvocato dei Manca Fabio Repici.
Un fatto certo è scaturito poi dai commenti di alcuni partecipanti, tra cui un vecchio amico di Attilio, che la Mafia è ben ramificata a Viterbo, e forse per alcuni viterbesi non è cosa nuova, e che nel viterbese gira tanta droga.
La cosa importante è stata anche che, alcune testimonianze fra il pubblico presente hanno ben dichiarato che Attilio Manca non era affatto abituato a fare uso di sostanze stupefacenti anzi tutt’altro le odiava proprio come dichiarato da un suo vecchio amico di armi e non solo ha anche dichiarato che si possono fare ricerche negli archivi militari di quando Attilio fece la leva nel lontano 1998.
Non ci sta altro da aggiungere se non quello di sperare che presto potremmo scrivere su questo giornale on-line che giustizia sia fatta e che una volta per tutte venga veramente alla luce tutta la verità che la Procura di Viterbo ha voluto premeditatamente nascondere, e magari qualche procuratore compiacente ne potesse pagare le conseguenze.
Concludendo, la cosa che più mi sta a cuore, è che finalmente una grande mamma coraggiosa, possa una volta per tutte vedere rispettata la memoria del proprio figlio, per questo motivo, rispettando il lavoro dell’autore del libro Lorenzo Baldo, dell’avvocato Fabio Repici e dell’avvocato Antonio Ingroia, ho voluto una firma di Angela Manca sulla mia copia del libro presentato, perché, secondo me, è la persona più giusta che possa lasciare un’autografo su questo libro.