Appena firmato l’accordo per rilancio Gioia Tauro il porto di Civitavecchia ha perso otto treni su quattordici ma è solo l’inizio della fine. Intanto la Macii mantiene rapporti a Piombino con la General Electric che a Livorno per la maxi Darsena
CIVITAVECCHIA – Avevamo scritto tempo fa che la scelta di aumentare le tasse adottata dal nuovo presidente dell’Autorità di Sistema Francesco Maria Di Majo avrebbe danneggiato di sicuro una delle fonti di lavoro più importanti cioè l’automotive. Otto treni su quattordici sono attualmente persi con l’occupazione che potrebbe mandare in crisi la Compagnia Portuale che già fatica a conservare il posto a 200 lavoratori la cui posizione è ora in bilico. Anche il traffico auto è in serio pericolo. L’attuale situazione vede le macchine fabbricate a Melfi non arrivare più a Civitavecchia per essere imbarcate verso gli Stati Uniti, ma dirottate nel più vicino scalo di Gioia Tauro, dove Grimaldi, attraverso la compartecipazione di Automar SpA (40% Grimaldi, 40% Bertani e 20% Mercurio), ha acquisito dalla società tedesca Blg (che gestisce il traffico auto nel porto calabrese) il 50% di AutoTerminal Gioia Tauro spa.
L’attuale management del Porto, alle prese ancora con il Comitato di Gestione dove il sindaco Cozzolino, dopo essere stato bocciato dal MIT, ha proposto il gruista (forse esperto in sovrapposizione di TEU) Fortunato al suo posto.
Tra una nomina anomalo e quantomeno sospetta del segretario generale ecco che al gruppo di lavoro del presidente Di Majo è sfuggito quanto accaduto non più tardi di due settimane fa sull’asse Roma (Ministero dei Trasporti ) e Gioia Tauro.
Più precisamente, il 15 giugno 2017 al ministero dei Trasporti è stata firmata l’intesa quadro per lo sviluppo del porto calabrese, che dovrebbe affrontare e superare anche gli esuberi del terminal container.
L’accordo ha avviato la parziale riconversione del porto di Gioia Tauro, che perderebbe così l’esclusiva funzione di scalo per il transhipment di container, per diventare un gateway per più tipologie di merci.
“Il porto è oggetto di un ambizioso ed indifferibile progetto di riconversione industriale, funzionale e produttiva, messo in campo dal Governo per offrire una risposta strutturale alla crisi globale del settore trasbordo”, ha spiegato quel giorno il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, dopo la firma dell’intesa.
“Oltre alle tradizionali attività di transhipment, infatti, vanno sviluppati settori nuovi e a tale obiettivo si sta lavorando attraverso la realizzazione del gateway ferroviario, l’istituzione della ZES, il progetto del bacino di carenaggio”, ha proseguito il ministro.
“Si sono conclusi interventi di dragaggio attesi da anni, e che fanno oggi di Gioia Tauro l’unico scalo del Mediterraneo in grado di ospitare fino a quattro navi madri. Si sta lavorando per accelerare le operazioni di controllo sulla merce, grazie alla collaborazione con l’Agenzia delle Dogane, che ha previsto l’istituzione di una vera e propria task force dedicata, e si stanno sostenendo iniziative di diversificazione dei traffici. Sono complessivamente in corso investimenti per 150 milioni di euro, così come previsto nell’APQ firmato a Palazzo Chigi un anno fa”.
Per quanto riguarda gli esuberi al terminal MCT, Delrio ha affermato che “l’Agenzia per la somministrazione, la riqualificazione e la ricollocazione del personale posto in esubero da MCT, che in prospettiva e come già previsto per legge si trasformerà poi in soggetto articolo 17 come operante in tutti gli altri porti di Italia, ha rappresentato la risposta del Governo alla prima e più importante richiesta giunta dal Sindacato: neanche un posto di lavoro vada perduto, né ora né in futuro”.
Il testo dell’intesa è stato firmato, oltre che dal ministro dei Trasporti, anche dalla Regione Calabria, dall’Autorità di Sistema Portuale, dalla MCT (Contship Italia) e dai sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl.
Prima di arrivare a questa firma molti operatori del settore hanno lavorato al fianco degli armatori per trovare sostegno e la prima grande mano l’ha offerta Grimaldi che ha resistito fino ad oggi alle pressioni politiche di spostare l’automitive da Civitavecchia a Gioia Tauro. Ora però, l’aumento delle tasse imposte da Di Majo hanno fatto accellerare la progressiva dismissione di questa attività divenuta oltremodo onerosa.
L’allarme era già stato lanciato lo scorso anno proprio dal presidente della Compagnia portuale Enrico Luciani.
“I vertici del porto e del Comune intervengano sullo Stato – ha spiegato il presidente della Cpc Enrico Luciani – anche attraverso la Regione Lazio. Proprio il Governo, ad esempio, sta promuovendo le Zes (zone economiche speciale ndr) specie in Calabria, e noi ancora pensiamo se completare la trasversale per Orte. A Di Majo chiediamo di accogliere la richieste di Grimaldi, in un accordo di interscambio: ponti d’oro per chi propone oggi traffici e lavoro. Le risposte ci sono, anche all’interno del porto: basti pensare agli 11 ettari inutilizzati del cantiere Privilege. Il mercato delle auto è florido, abbiamo i piazzali T1 e T2 pieni. Margini di manovra ci sono. Bisogna però capire che futuro e che strada intende prendere il nostro scalo”.
Certo, tutto giusto, se pensiamo però che il segretario generale del Porto è la dottoressa Macii che viene da un porticciolo bagnarola come Piombino e che non ha alcun tipo di esperienza in porti grandi dovrebbe far riflettere sul perché di questa scelta. Inoltre continua a dedicare ancora gran parte del suo tempo ad impegni extra tanto a Piombino per la General Electric che a Livorno per la maxi Darsena. Il tutto, ovviamente deve essere stato autorizzato dal presidente Di Majo perché il suo contratto di lavoro prevede l’esclusività del rapporto con l’AdSP di Civitavecchia.
Forse il suo legame di lavoro, ma diciamocelo pure, anche affettivo con qualcuno che orbita nel management livornese la sta distraendo ancora un pochino troppo da quello che dovrebbe essere il suo compito e cioè togliere merci agli altri porti italiani e non lasciarli andare via.