Della Regione non frega nulla a Berlusconi (lé lù l’mi candidà), a Tajani (ma che ce frega) né tantomeno agli altri alleati (ma che c’importa). All’ex candidato sindaco di Milano l’opzione presidenza e in cambio dovrà ritirare la sua lista dalle Politiche
BRUXELLES – Non solo politiche. Il 4 marzo (seggi aperti solo la domenica, dalle 7 alle 23) si voterà anche per il rinnovo dei presidenti e dei consigli regionali di Lazio e Lombardia. In Lombardia la corsa è a quattro. Per il centrodestra il leghista Attilio Fontana (dopo la decisione del governatore uscente Roberto Maroni di non ricandidarsi). Per il centrosinistra, senza il sostegno di Liberi e Uguali (che schiera l’ex sindacalista Onorio Rosati), il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, renziano. Per il Movimento 5 Stelle, il trentaduenne Dario Violi, consigliere regionale uscente.
Nel Lazio per il centrodestra ipotesi Parisi
A Roma, all’appello delle candidature manca ancora quella del centrodestra. Se il Pd si affiderà al governatore uscente Nicola Zingaretti(appoggiato qui da Liberi e Uguali) e i cinque stelle hanno prescelto con un voto online la deputata Roberta Lombardi, il centrodestra è ancora in alto mare: in pista c’è il popolare sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, che piace a destra ma non ha il gradimento di Forza Italia. In base alla legge regionale la candidatura alla carica di presidente della Regione deve essere presentata all’Ufficio centrale regionale tra il 30° e il 29° giorno antecedente la data delle elezioni. In teoria c’è tempo fino al 3 febbraio. Ma Berlusconi, Salvini e Meloni hanno fretta di chiudere. Nelle ultime ora è emersa la candidatura di Stefano Parisi, ex candidato del centrodestra a sindaco del capoluogo lombardo. Parisi (ex dg di Confindustria) è il leader del movimento Energie per l’Italia, fondato con l’ambizione di rinnovare programmi e classe dirigente. Non è entrato però in coalizione con gli altri partiti di centrodestra. A lui è stata preferita come “quarta gamba” la lista “Noi con L’Italia” di Lorenzo Cesa e Raffaele Fitto. Sul nome di Parisi ci sarebbe il gradimento di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Resta però il nodo Pirozzi, non intenzionato finora a fare un passo indietro. E rimane in pista Fabio Rampelli, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera.
La proposta di candidare Parisi sarebbe arrivata da Ignazio La Russa per superare lo stallo, visto che Forza Italia sta facendo resistenze sul nome di Fabio Rampelli.
La candidatura di Parisi, spiegano in ambienti del centrodestra, sarebbe anche un modo per recuperare il partito nella coalizione visto che Energie Per l’Italia è rimasto tagliato fuori dal perimetro ufficiale degli apparentamenti. La soluzione porterebbe alcuni esponenti di Epi candidati nelle liste in quota Fi. In questo modo Forza Italia eviterebbe di avere una lista che potrebbe sottrarre dei voti al partito azzurro. Il dossier sarà affrontato in un vertice ad Arcore con il Cavaliere e lo stato maggiore azzurro.
Certo, candidare Parisi equivarrebbe ad un vero e proprio bagno di sangue in termini di voti per il centrodestra ma questo non sembra preoccupare l’allegra brigata di Poltrone e Sofà.
Parisi ha 61 anni, è nato nella Capitale ma vive a Milano dal 1997 con la moglie e le due figlie. Laureato alla Sapienza in Economia e Commercio, ha iniziato a lavorare nell’ufficio studi della Cgil e negli anni Settanta è stato anche vicesegretario del Nucleo universitario socialista a Roma. Ha lavorato alla vicepresidenza del Consiglio dei ministri durante il governo De Mita (1988-1989) ed è stato capo della segreteria tecnica del ministro degli Esteri del Partito socialista, Gianni De Michelis. Negli anni ’90 ha guidato il dipartimento per gli Affari economici della presidenza del Consiglio dei ministri, con Giuliano Amato e con Carlo Azeglio Ciampi. Poi il trasferimento a Milano, dove è diventato segretario comunale nella giunta Albertini. Nel 2000 è direttore generale di Confindustria, mentre nel 2004 diventa amministratore delegato di Fastweb, sfiorato dallo scandalo Fastweb-Telecom sulle finte fatturazioni, ma nel 2013 scagionato da tutte le accuse. Nel 2012 fonda Chili Tv, società italiana di streaming on line di film e serie tv.
I due sistemi elettorali: proporzionale con premio di maggioranza
Quanto ai sistemi elettorali, in Lombardia, la legge elettorale è stata modificata alla fine di dicembre del 2017 (legge regionale 38/2017), ma il suo impianto fondamentale risale al 2012. Quella lombarda è una legge proporzionale con premio di maggioranza. Insieme ai 79 seggi del consiglio regionale si elegge anche il presidente della regione. Il candidato alla presidenza con il maggior numero di voti ottiene 44 seggi (il 55%) per le liste a lui collegate, che salgono a 48 (il 60%) se supera il 40 per cento. Ogni lista deve essere presente in almeno cinque province diverse, e sono possibili coalizioni a sostegno dello stesso candidato alla presidenza. Un seggio è riservato al miglior perdente tra i candidati alla presidenza. È stato abolito il cosiddetto “listino bloccato”.
Election day il 4 marzo, si vota anche per le regionali in Lazio e Lombardia
Il Consiglio regionale del Lazio, invece, è composto, secondo lo Statuto regionale, da 50 consiglieri più il presidente. Il presidente della Regione, come per la Lombardia, viene eletto insieme al Consiglio ed è il candidato più votato. Anche qui la legge elettorale è un proporzionale con premio di maggioranza: stabilisce che l’80 per cento dei seggi (in totale 40) sono assegnati con il metodo proporzionale, mentre il restante 20 per cento (10 seggi) è un premio di maggioranza assegnato alle liste che sostengono il candidato presidente vincitore in modo che arrivino al 60 per cento dei seggi nel nuovo consiglio. Anche per il Lazio sono possibili coalizioni tra le liste che sostengono lo stesso candidato alla presidenza. Sia nel Lazio che in Lombardia è possibile il voto disgiunto.
Come si vota in Lombardia e Lazio
La votazione per l’elezione del Presidente della Regione e del Consiglio regionale avviene su un’unica scheda. In entrambe le regioni ciascun elettore può, a scelta: votare per un candidato alla carica di Presidente della Regione; votare per un candidato alla carica di Presidente della Regione e per una delle liste a esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste; votare per un candidato alla carica di Presidente della Regione e per una delle altre liste a esso non collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste (cosiddetto “voto disgiunto”); votare a favore solo di una lista; in tale caso il voto si intende espresso anche a favore del candidato Presidente della Regione a essa collegato. L’elettore può esprimere fino a due voti di preferenza, a condizione che siano un uomo e una donna. In caso contrario la seconda preferenza è annullata.