CIVITAVECCHIA – Anche il porto di Civitavecchia si ferma per lo sciopero indetto dalle segreterie nazionali di Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti. Braccia incrociate per 24 ore da parte dei lavoratori dei porti dipendenti – soci delle imprese articoli 16, 17 e 18, e dipendenti delle Autorità di Sistema Portuale, nonché dei lavoratori marittimi dipendenti delle società e dei servizi tecnico nautici.A partire dalle 10, e fino alle 13, i lavoratori si ritroveranno per un sit – in davanti gli uffici dell’AdSP di Molo Vespucci.
«È uno sciopero – ha spiegato il presidente della Cpc Enrico Luciani – che cercheremo di ‘‘dosare’’ evitando rotture di carico ma il segnale deve arrivare forte: noi non gradiamo l’autoproduzione. Gli armatori non devono fare da soli. La Compagnia portuale è pronta a stringere il pugno e a non far passare nemmeno un granello. Noi speriamo che il messaggio arrivi forte e chiaro».
Angelo Manicone (Filt Cgil) ha spiegato che alla base dello sciopero c’è una «forzatura fatta in più porti con iniziative prese in autonomia da alcuni armatori senza rispettare le leggi che tutela il lavoro. Ricordo – ha concluso – che le operazioni vanno fatte da personale formato».
Gennaro Gallo (Uiltrasporti): «Si tratta della prima volta in cui attiviamo uno sciopero nazionale in mancanza di Governo – ha sottolineato – si tratta di un comportamento molto grave. Due categorie, portuali e marittimi, si sono unite per dare un segnale maggiore. I marittimi sono al fianco dei portuali. Inoltre – ha aggiunto Gallo – la sicurezza va tutelata. Diciamo chiaramente alle AdSP che devono intervenire e non far finta di non vedere».
Nei giorni scorsi i sindacati hanno spiegato che si sta «assistendo a vari casi che minano seriamente le basi della norma che regola il mercato delle imprese e quello del lavoro nei porti. E sono riferiti – hanno evidenziato le parti sociali – all’autoproduzione delle operazioni portuali al di fuori delle regole che crea dumping nel lavoro portuale a grave rischio per la sicurezza, specialmente dei lavoratori adibiti a tali mansioni: in particolare ci riferiamo al fatto che vengono affidate al personale imbarcato le operazioni di rizzaggio (messa in sicurezza) e derizzaggio delle merci a bordo delle navi, che solitamente competono invece ai lavoratori portuali. E poi all’incertezza attuativa nella complessiva gestione degli organismi di rappresentanza previsti dalla legge e quindi – hanno concluso i sindacati – al loro ruolo consultivo su autorizzazioni e concessioni, dal depotenziamento delle competenze oggi presenti nelle AdSP fino ad arrivare ad atti che violano il diritto costituzionale».
Il messaggio è chiaro: i porti sono uniti e si schierano contro l’autoproduzione e invitano le istituzioni ad intervenire per garantire il rispetto delle normative vigenti.