L’indagato e i pm Paolo Ielo e Barba Zuin si ritrovano stamattina, sempre a Rebibbia, per proseguire il confronto. Ieri lungo faccia a faccia con gli inquirenti che puntano a chiarire il “sistema Parnasi”, ossia quel meccanismo di finanziamento ai partiti, organizzazioni, associazioni e onlus che il 40enne romano ha fatto diventare una sorta di ‘core business’ della sua attività imprenditoriale
ROMA – Un interrogatorio fiume durato cinque ore. In una saletta del carcere di Rebibbia, si è svolto il primo confronto tra il costruttore Luca Parnasi e i pm della Procura capitolina che hanno chiesto il suo arresto nell’ambito dell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma. Un atto istruttorio voluto dallo stesso Parnasi e che potrebbe rappresentare un punto di svolta nella maxinchiesta dei pm di piazzale Clodio. L’imprenditore, accusato anche di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, aveva infatti scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti al gip nell’interrogatorio di garanzia, svolto dopo il suo arresto a Milano. L’indagato e i pm Paolo Ielo e Barba Zuin si ritrovano stamattina, sempre a Rebibbia, per proseguire il confronto.
Il “Sistema Parnasi” Un lungo faccia a faccia con gli inquirenti che puntano a chiarire il “sistema Parnasi”, ossia quel meccanismo di finanziamento ai partiti, organizzazioni, associazioni e onlus che il 40enne romano ha fatto diventare una sorta di ‘core business’ della sua attività imprenditoriale.
Questa prima tranche dell’interrogatorio avrebbe riguardato le contestazioni presenti nell’ordinanza di custodia cautelare, il suo ruolo nella società Eurnova e il rapporto con Luca Lanzalone, l’ex presidente di Acea, e consulente “di fatto” del Comune di Roma nella trattativa, datata gennaio-febbraio del 2017, per l’abbattimento delle cubature nel progetto stadio.
“Io pago tutti”
Oggi l’atto istruttorio potrebbe approfondire la pulviscolare attività di erogazione di denaro al mondo della politica, che avveniva spesso in modo del tutto tracciabile ma sulla quale i pm vogliono andare fino in fondo. Un approccio quello di Parnasi che emerge spesso nelle carte dell’inchiesta.
“Io pago tutti”, ammette Parnasi in una delle tante intercettazioni presenti negli atti.
“Un investimento molto moderato – ammette in un altro dialogo registrato – rispetto a quanto facevo in passato quando ho speso cifre che manco te racconto però la sostanza è che la mia forza è quella che alzo il telefono…”.
Finanziamenti ad organizzazioni vicine ai partiti In base all’impianto accusatorio, il gruppo Parnasi avrebbe garantito finanziamenti a molte formazioni politiche o ad organizzazioni ad esse vicine.
E’ lo stesso Parnasi ad ammettere nelle intercettazioni il suo modus operandi. In un dialogo si lamenta del fatto di dover “elargire somme ai politici” per avere “le autorizzazioni”.
In una informativa i carabinieri scrivono che “nella conversazione sul finanziamento ad esponenti politici, Parnasi indica nominativi e quote da corrispondere: allo stato non è chiaro se Parnasi stia parlando di finanziamenti leciti o meno, anche se il riferimento a fatture emesse a giustificazione dell’erogazione lascia presumere la natura illecita della stessa”, annotano gli investigatori. In un passaggio il costruttore precisa: “domani c’ho un altro meeting dei Cinque stelle, perché pure ai Cinque Stelle gliel’ho dovuti dare”.