LA SFIDUCIA È MASSIMA: sul Deposito Nazionale è calato il silenzio e le procedure per la localizzazione sono ancora ferme (in realtà non sono mai partite!!). Ad oggi, dopo quello che (non) è successo, nessuno è più disposto a credere che il Deposito si costruirà mai, da qualche parte qui in Italia. I governi che si sono succeduti negli ultimi 5 anni (Letta-Renzi-Gentiloni) non sono stati in grado nemmeno di autorizzare la pubblicazione della CNAPI, la Carta Nazionale della Aree Potenzialmente Idonee ad ospitare il Parco Tecnologico e Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi.
CONFIDENZE: tutti i soggetti da noi interpellati confidenzialmente in questi anni (parlamentari e celebri “ex”, portaborse, dirigenti e funzionari pubblici, imprenditori, tecnici e persino qualche presunto ‘trafficante’ di rifiuti) ritengono che l’Italia, per evitare di affrontare il problema della realizzazione di un suo Deposito di rifiuti radioattivi, preferirà spendere molti più soldi di quelli preventivati, e di quelli già spesi finora, per depositare (alcune ci sono già) le proprie scorie nucleari in paesi esteri.
CHE COSA POTREBBE FARE SOGIN? La responsabilità dello stallo attuale ovviamente non è di Sogin ma solo e soltanto del Governo e della politica italiana. Sogin potrebbe tuttavia elaborare delle proposte, da presentare ai Ministri e alle Autorità competenti, per provare a sbloccare la situazione. In primo luogo bisognerebbe modificare la legge che disciplina la CNAPI: si ritiene alquanto sconveniente, in termini di consenso politico, pubblicare una lista di 50 località italiane ritenute idonee ad ospitare un deposito di scorie nucleari. Con la procedura in vigore è facile prevedere una rivolta in massa di tutti i territori candidati (quasi mezza Italia) con comitati e speculazioni politico-ambientaliste di ogni tipo.
ANCHE I SINDACATI VOGLIONO IL DEPOSITO: ci sono miliardi di euro che – da parecchi anni ormai – aspettano di essere spesi per creare posti di lavoro, in Italia, e risolvere l’annoso problema della gestione dei rifiuti radioattivi e dello smantellamento dei vecchi impianti atomici nazionali. Invece è tutto ancora fermo e la politica rimane in silenzio. Fortunatamente parlano i sindacati…
ROMA – Pubblichiamo l’intervento del sindacato CISL – Creare una filiera nazionale di matrice industriale, in grado di sfruttare al meglio le opportunità legate allo smaltimento delle scorie nucleari ( decommissing ) degli impianti presenti sul territorio italiano. È la proposta che ha lanciato la Cisl, in occasione della visita ai siti Eurex di Saluggia ed alla centrale Nucleare di Trino, nel vercellese.“La Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione ai danni dell’Italia – dichiara il Segretario Confederale della Cisl, Andrea Cuccello – per la mancata consegna del Programma nazionale di gestione delle scorie radioattive e del combustibile nucleare esaurito. Presidiare questa importante tematica, può rappresentare una grande opportunità di crescita per lo sviluppo delle imprese italiane e per i livelli occupazionali che potrebbero generare”. Del resto, la breve parabola nucleare italiana, ha costretto il Belpaese a fare i conti prima di tutti con il delicatissimo tema dello smantellamento delle centrali, garantendole un notevole vantaggio strategico in termini di competenze acquisite e la possibilità di giocare un ruolo da protagonista sul mercato internazionale. Proprio a questo scopo, nel 1999 nasce la Sogin-Società gestione impianti nucleari, l’azienda dello Stato che ha il compito di smantellare le centrali di Caorso, Trino, Latina, Garigliano e gli impianti ex Enea, come appunto quello di Saluggia.
“In questi anni sono state svolte attività tese a mettere in sicurezza i siti – afferma Alessio Ferraris Segretario Generale della USR Cisl del Piemonte – rimuovendo i componenti più pericolosi con maggiore radioattività, ad esempio inviando il combustibile al riprocessamento, ed i fusti, contenenti materiale radioattivo, ad un processo di supercompattazione od incenerimento con successiva cementazione per ottenere una conformazione stabile. Non sempre è stato facile operare, per svariati motivi, a volte dovuti a problematiche esterne alla società ed a volte dovute a carenze interne (organizzative o strutturali)”.
“Sotto questo aspetto – prosegue il Segretario della Cisl del Piemonte Orientale Luca Caretti– Sogin deve migliorare, magari attuando una nuova concezione più vicina, anche territorialmente, ai Siti dove si sviluppano le attività dell’Azienda”. “A questo punto è fondamentale che il Governo – avverte Cuccello – individui un deposito nazionale che riceva i componenti rimossi dagli impianti, i fusti ed il combustibile di ritorno dagli impianti di trattamento, che garantisca sicurezza per la popolazione e salvaguardia per l’ambiente”. Ma, dopo quasi 20 anni di attività della Sogin, “dobbiamo constatare – evidenziano i sindacalisti – che dei 3,7 miliardi di euro pagati dagli utenti con gli oneri nella bolletta elettrica, solamente 700 milioni sono stati utilizzati per lo smantellamento. Il resto è stato speso per costi di gestione (1,8 miliardi) e per il trattamento in Francia e Regno Unito del combustibile radioattivo da noi prodotto (1,2 miliardi)”.
Visto che allo stato attuale rimane da svolgere oltre il 70% dell’attività, “se non ci sarà un’accelerazione improvvisa – osserva Carlo Meazzi Segretario Generale della Flaei Cisl Nazionale – non vedremo risultati positivi prima del 2050, con un inevitabile incremento dei costi per i cittadini. Proprio per questo la Cisl ci tiene a sottolineare l’importanza di mettere a fattor comune le tante professionalità che rappresentano l’eccellenza industriale italiana e creare una filiera nazionale che rappresenta un’opportunità per il sistema Paese per essere più competitivi all’estero dove il settore del decommissing sta crescendo. Senza dimenticare – sottolinea Meazzi– che i lavoratori già impegnati, quando sono stati messi nelle condizioni di poter operare, hanno sempre risposto con grande professionalità”. “Inoltre, anche sul mercato interno non mancano le opportunità e le occasioni per la creazione di nuove sinergie industriali, soprattutto nei territori interessati dalle attività di smantellamento delle vecchie centrali”.
Chiude Cuccello: “Troppo spesso si registra in Italia l’impossibilità di attivare capitale privato per mancanza di risorse pubbliche. In questo caso, invece, le risorse ci sono e vanno spese”. “Bisogna, raggiungere un accordo fra amministratori, imprese, parti sociali e cittadini attraverso una comunicazione trasparente, tempestiva ed esaustiva, che è la condizione principale per acquisire un consenso informato e consapevole – aggiunge Caretti- costruendo però un percorso definito,con tempi prefissati che non si concluda con un nulla di fatto come avvenuto fino ad oggi”.