Petro, una criptovaluta emessa dal governo del Venezuela che sarebbe “coperta” dalle riserve petrolifere dello stesso paese.
Come vedremo a breve, il Petro di criptovaluta non ha quasi nulla e sembra l’ennesima iniziativa del presidente venezuelano Maduro per scampare dall’iperinflazione che sta attanagliando da tempo la sua moneta, il Bolivar.
Come dice il proverbio “a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”, e del resto le motivazioni sono piuttosto fondate.
In primo luogo il Petro non è un criptovaluta. Non ha una blockchain e per esso non è stato sviluppato nulla di nuovo, nessun software.
Si tratta di un token, una sorta di “buono” come quelli per la mensa o per i regali dei supermercati, solo che non è cartaceo ma viene memorizzato sulla piattaforma NEM, una criptovaluta piuttosto nota e collaudata (esiste dal 2015).
Il software per scambiarlo e per “archiviarlo” è già disponibile e gratuito (si può scaricare a questo indirizzo http://www.elpetro.gob.ve/download-en.html)
Quindi, detta in poche parole, abbiamo un buon software che garantisce il trasferimento di proprietà di questi token da una persona all’altra e che ci garantisce che i token non possono essere contraffatti o duplicati, ma questo non ci offre nessuna garanzia relativamente al valore del token.
E’ come garantire che il trasferimento di un lingotto d’oro viene svolto mezzi affidabili e con professionalità, ma questo non garantisce che l’oro all’origine sia vero o falso.
Nel caso in particolare, nessuno mi può garantire che effettivamente il Petro conserverà lo stesso valore di un barile di petrolio; o meglio può farlo il governo venezuelano, sempre che io mi fidi di lui.
Del resto ci sono notizie molto preoccupanti sulla macchina industriale venezuelana, che non ha la tecnologia per manutenere i macchinari per l’estrazione de petrolio, tanto che la produzione sta calando a vista d’occhio (ad esempio qui).
Non vedo quindi presupposti che possano davvero garantire il valore del Petro.
Inoltre i token hanno un importante problema : se ne possono “stampare” fin quanti se ne vogliono. E sappiamo molto bene che i politici abusano sempre della stampante monetaria. La storia insegna. La Repubblica di Weimar è sempre dietro l’angolo, soprattutto in Venezuela, che si trova con una inflazione a 5 cifre.
Nessuno quindi garantisce che il governo venezuelano un domani non decida di emettere ulteriori token e cioè di creare inflazione: tutto è nelle mani dei politici.
Nelle “vere” criptovalute questo non sarebbe possibile, perchè solitamente hanno al loro interno un limite oltre il quale il software non emette più ulteriori “coin”, sono cioè deflattive e non inflattive (creano monete rare !). In bitcoin, ad esempio, il creatore ha fissato in 21 Milioni il numero massimo di criptomonete “stampabili” e tale numero ormai nessuno più si “sognerà” di modificare.
Per farlo, ad esempio aumentandolo a 21 Miliardi, si dovrebbe prima di tutto creare una nuova versione del software Bitcoin, ma poi si dovrebbero convincere tutti coloro che lo stanno usando (e che condividono il database nella rete mondiale) ad aggiornarlo, deprezzando di fatto i bitcoin, compresi quelli che eventualmente hanno loro stessi.
Un’operazione che sarebbe contro il loro interesse e che quindi… non farà mai nessuno.
Al contrario il Petro essendo un generico token non ha nessuno di questi vincoli e potrebbe a breve fare la fine dello stesso Bolivar.
Detta in poche parole, non è una truffa ma sembra solo un modo di guadagnare tempo; una criptovaluta di questo tipo, cioè basata sul nulla, ero capace di farla anche io.
fonte: Marco del Pra