TARQUINIA – Riceviamo e pubblichiamo: Il sindaco protocolla ufficialmente una lettera di dimissioni (“troppo generiche” a detta di qualcuno) ma pur sempre dimissioni, forti e chiare. Il giorno seguente le dichiarazioni esplicative del primo cittadino appaiono virgolettate su tutta la stampa, cartacea e virtuale, senza che se ne renda nota, posto che esista, una versione autografa; che so… un messaggio di posta elettronica, un messaggino sul telefono, un pizzino…!
Quel virgolettato però pesa come una lapide tombale su tutta la maggioranza che solo pochi mesi prima ha portato il dimissionario a un trionfo elettorale in due tempi contro “lo straniero”. A seguire, secondo lo stesso copione già messo in scena poco più di undici anni fa, si costituisce un fantomatico comitato “spontaneo” di cittadini che supplica il sindaco a tornare sui suoi passi. Ah, a proposito, la maggioranza litigiosa del 2007 era composta in grossa parte dagli stessi elementi litigiosi di oggi. O da loro parenti stretti…
Gli stessi che dichiarano di rinnovare (…) la propria fiducia al sindaco che li ha sfiduciati. Insomma, piuttosto che rischiare di perdere i lauti stipendi da assessore e i miseri gettoni di presenza da consigliere (oltre alla prospettiva di non poter più apparire in fotografia sui giornali), le litigiose componenti di un anno ritrovano in un paio di giorni l’armonia e l’amore l’una per l’altra. Ma solo dopo aver sentito franare il terreno politico sotto i propri piedini… Infine, la commedia recitata in sede di consiglio comunale, dove tra arringhe da novello Cicerone etrusco di minoranza e riferimenti a testate giornalistiche più o meno in voga, una autodefinitasi portavoce della maggioranza (ci chiediamo perché ripiegare su un semplice consigliere diplomato qualsiasi quando c’è un assessore vicesindaco laureato) e un presidente di consiglio che si parla addosso, vengono infine subissati dai fischi e dalle risate tra lo sdegnato e il beffardo di una cittadinanza sull’orlo della rivolta.
Per concludere, è ancora prematuro fare previsioni affidabili sul futuro, visto che la legge mette a disposizione del sindaco dimissionario un’altra decina di giorni per eventuali ripensamenti. Quindi l’unica certezza e che “comunque vada, sarà un disastro” e l’unica speranza è che i tarquiniesi, se e quando saranno chiamati alle urne, riescano a pensare davvero agli interessi di Tarquinia e non a quelli personali di bottega o di famiglia. Ecco perché tra bivacchi nell’ufficio del vicesindaco, usi impropri della fascia tricolore, saluti romani, telefoni-spia, e muri di gomma, affermo beffardamente “la situazione è grave, ma non è seria”.