L’appello della Procura avverso decisione del Gup che aveva decretato “il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste per tutti gli indagati” non ha avuto accoglimento. L’indagine aveva coinvolto l’ex presidente dell’Autorità Portuale Pasqualino Monti, diversi dirigenti, funzionari dell’ente e imprenditori tra i quali il rappresentante di Rogedil Edgardo Azzopardi. Adesso a fare i conti saranno i firmatari di molti esposti rivelatesi calunniosi e che portano la firma di Alfredo Esposito e Gianni Moscherini
CIVITAVECCHIA – C’era attesa per la decisione della Corte d’Appello di Roma sulla richiesta del procuratore capo di Civitavecchia, Vardaro, di rivedere la sentenza di “non luogo a procedere” dell’allora Gup Massimo Marasca, sulla imponente inchiesta legata alla Darsena Traghetti e Servizi.
Quella decisione, presa dal giudice per le udienze preliminari di Civitavecchia, Massimo Marasca, che sentenziò il “non luogo a procedere” per tutti gli indagati
nella più clamorosa indagine dell’ultimo decennio suscitò molto clamore.
Il lavoro del pubblico ministero Lorenzo Del Giudice si è rivelato un flop senza precedenti. La Procura però aveva impugnato la decisione del Gup Marasca soprattutto perché ben sei milioni di euro erano stati spesi in consulenze e indagini che però non avevano prodotto alcun risultato.
Era il 4 giugno del 2014 quando Il Fatto Quotidiano batteva la notizia così: “Civitavecchia, inchiesta sul porto: “Piazzali costruiti con la monnezza“.
Furono tirati in ballo una serie di imprenditori e intrecci politici. Insomma, in piena campagna elettorale, anzi, a ridosso del voto, non si parlava d’altro e a farne le spese furono per primo l’ex candidato a sindaco Pietro Tidei e, successivamente, il presidente dell’autorità portuale Pasqualino Monti al quale non rinnovarono l’incarico e, successivamente, trasferito in Sicilia a Palermo.
“Quella roba de stamattina… faceva schifo – diceva un autotrasportatore su una intercettazione trascritta nell’ordinanza – quattro sassi grossi sopra e il resto tutta monnezza“.
È con la monnezza che, secondo l’accusa del magistrato di allora, Lorenzo Del Giudice stavano costruendo il nuovo porto di Civitavecchia.
L’accusa era di frode nelle pubbliche forniture. Il nuovo porto non era costruito secondo le indicazioni del capitolato d’appalto, per fondamenta e cassoni piazzati a mare venivano usati materiali di scarsa qualità, prelevati da cave non autorizzate.
“M’ha scaricato un viaggio di merda – dice un dipendente intercettato – e invece serviva roba bona pe’ fini’ de riempì il cassone…”.
E così il 3 giugno del 2014 scattò il blitz : i carabinieri del Noe, su mandato del procuratore Gianfranco Amendola e del pm Lorenzo Del Giudice sequestrano l’area del cantiere.
Sono stati posti i sigilli ai cantieri delle opere strategiche del porto di Civitavecchia, aggiudicate a seguito di gara d’appalto all’Associazione temporanea d’imprese composta da Itinera spa, Impresa Pietro Cidonio, Grandi lavori Fincosit e Coopsette Società cooperativa per l’importo di oltre 130 milioni di euro.
Nel mirino della Procura di Civitavecchia finirono prima 9 persone, con l’accusa di frode nelle pubbliche forniture realizzata in concorso tra loro e con altri in corso d’identificazione, ai danni della stazione appaltante, cioè l’Autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta che, nel frattempo si costituì parte civile. Successivamente furono iscritti sul registro degli indagati anche i vertici di Molo Vespucci oltre a società di subappalto per l’ampliamento del primo lotto per il prolungamento antemurale Cristoforo Colombo, la Darsena servizi e quella Traghetti.
Finisce l’incubo per tutti a cominciare dall’attuale presidente dell’AdSP di Palermo Pasqualino Monti, oggetto di un vero e proprio attacco frontale fatto di esposti predisposti anche con l’aiuto dell’attuale presidente di Molo Vespucci Francesco Maria Di Majo, del suo braccio destro Ivan Magrì, supportato in questo gioco da personaggi come Alfredo Esposito e Gianni Moscherini (firmatari di denunce ed esposti inviati ovunque) e che adesso, con tutta probabilità, saranno chiamati a rispondere da diretti interessati davanti alla giustizia civile.