Quasi cento gli indagati fra imprenditori, amministratori pubblici e funzionari. Provvedimenti cautelari per il consigliere comunale di Milano Pietro Tatarella e per il il sottosegretario della Regione Lombardia Fabio Altitonante
MONZA – I carabinieri di Monza e la Gdf di Varese stanno eseguendo in Lombardia e Piemonte 43 ordinanze di custodia cautelare, di cui 12 in carcere, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Dda milanese su due gruppi criminali operativi tra Milano e Varese costituiti da esponenti politici, amministratori pubblici e imprenditori, accusati a vario titolo di associazione per delinquere aggravata dall’aver favorito un’associazione di tipo mafioso, corruzione e turbata libertà degli incanti, finalizzati alla spartizione e all’aggiudicazione di appalti pubblici.
Tra le 43 misure cautelari disposte dal giudice Raffaella Mascarino su richiesta della Procura di Milano, ci sono anche il consigliere comunale di Milano Pietro Tatarella, candidato di Forza Italia alle Europee, e il sottosegretario azzurro della Regione Lombardia Fabio Altitonante. Le accuse sono, a vario titolo, associazione a delinquere e corruzione.
Una proposta indecente al presidente leghista della Regione Lombardia, non andata in porto ma nemmeno denunciata. Una «istigazione alla corruzione» che il governatore Attilio Fontana (ex sindaco di Varese) si è sentito fare da un «ras» locale dei voti lombardi di Forza Italia già condannato definitivamente nel 2017 a 3 anni per una concussione del 2005, l’ex coordinatore provinciale varesino Gioacchino Caianiello. Che nel marzo 2018 propone a Fontana di mettere a capo dell’appetìto «settore Formazione» della Regione Lombardia il direttore generale dell’Afol-Agenzia metropolitana per il lavoro; e in cambio gli prospetta la possibilità che poi Afol nomini nel collegio sindacale e assegni lucrose consulenze all’avvocato socio di studio legale di Fontana, il forzista consigliere regionale uscente Luca Marsico, in modo da risolvere il problema di Fontana di trovare una soluzione che risarcisse l’amico e collega di studio per la mancata rielezione in Regione, peraltro maturata proprio per il boicottaggio di Caianiello dentro Forza Italia varesina.
È questo progetto di baratto ad essere ora contestato dalla Procura di Milano a Caianiello come reato di istigazione a una corruzione di cui Fontana è indicato come «parte offesa» (anziché come concorrente nella corruzione) perché, pur senza denunciare il baratto, in una intercettazione diretta tra i due avrebbe spiegato a Caianiello di voler esplorare altre possibilità riguardo il futuro di Marsico. Ma in queste ore l’inchiesta dei pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri – entro la quale affiora l’iceberg di questa storia imbarazzante per i vertici della Regione – scoperchia peraltro un pulviscolo di ritenuti illeciti nella pubblica amministrazione della Lombardia amministrata dalla maggioranza di centrodestra Lega-Forza Italia, e determina martedì mattina 43 misure cautelari (12 arresti in carcere, 16 ai domiciliari, e il resto obblighi di dimora e di firma) ordinate dalla giudice Raffaella Mascarino – su richiesta due mesi fa della Procura – soprattutto per una urgente esigenza cautelare: quella di dover interrompere un continuo susseguirsi di reati «ascoltati» in diretta dalle indagini della Guardia di Finanza di Milano e di Busto Arsizio, dei carabinieri di Monza e della Polizia municipale meneghina, in un intrecciarsi di filoni autonomi tra loro ma spesso aventi come punti di contatto di volta in volta tre personaggi: o Caianiello, o il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale di Forza Italia Pietro Tatarella, o l’imprenditore del settore rifiuti e bonifiche ambientali, Daniele D’Alfonso della Ecol-Service srl, l’unico al quale viene contestata anche l’aggravante di aver agevolato il clan di ‘ndrangheta dei Molluso facendone lavorare uomini e mezzi negli appalti presi pagando appunto tangenti.
Così è l’accusa di associazione a delinquere (condivisa appunto con Caianiello e D’Alfonso) che determina l’arresto stamattina di Pietro Tatarella, in questi giorni candidato di Forza Italia nella circoscrizione Nord-Ovest alle prossime elezioni europee del 26 maggio. Per corruzione è arrestato il forzista Fabio Altitonante, consigliere regionale e sottosegretario della Regione Lombardia all’area Expo nella giunta Fontana. Per l’ipotesi di finanziamento illecito l’Ufficio Gip del Tribunale domanda alla Camera dei Deputati l’autorizzazione all’arresto del parlamentare azzurro Diego Sozzari, punta di Forza Italia a Novara e vicecoordinatore in Piemonte del partito di cui guida anche il dipartimento Infrastrutture. Un nugolo di contestazioni raggiunge inoltre dirigenti di municipalizzate e Comuni lombardi, tra i quali l’abuso d’ufficio è ad esempio contestato all’attuale direttore (Franco Zinni) del settore Urbanistica nel Comune di Milano del sindaco Beppe Sala, mentre turbativa d’asta e corruzione sono ipotizzate a carico del responsabile operativo Mauro De Cillis dell’importante municipalizzata milanese Amsa che gestisce i rifiuti della città.
La mensa dei poveri
L’indagine è l’incrocio di un fascicolo dei pm Bonardi e Scudieri (nella Direzione distrettuale antimafia diretta dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci) con una inchiesta di pubblica amministrazione invece sviluppata dal pm Furno. E che, incredibilmente, uno degli epicentri degli ascolti delle microspie degli investigatori sia stato ancora il rinomato ristorante “Da Berti», vicino alla sede della Regione Lombardia: proprio lo stesso nel quale nel settembre 2011 un imprenditore delle discariche consegnò una mitologica tangente da 100 mila euro in contanti all’allora vicepresidente del Consiglio regionale lombardo Franco Nicoli Cristiani. In questo ristorante ora Tatarella – secondo l’accusa remunerato stabilmente da D’Alfonso con fittizie consulenze da 5.000 euro al mese, con carte di credito e viaggi e noleggio gratis di vetture – propiziava nuove relazioni politiche all’imprenditore corruttore. In gergo, il ristorante diventava “la mensa dei poveri”. Che ora è diventato anche il nome dell’inchiesta.
La tangente sulla sentenza per tangenti
Il picco di surrealtà appare addirittura la scoperta di una tangente su una sentenza di condanna per tangenti. Nel 2005 l’imprenditore edile Emilio Paggiaro, per un cambio di destinazione a supermercato dell’area ex Maino a Gallarate (Varese), si era visto pretendere 250.000 euro da Caianiello, vicenda per la quale il politico varesino di Forza Italia era stato condannato in via definitiva per concussione solo a novembre 2017 a 3 anni di pena e 125.000 euro da risarcire alla parte civile concussa. Ma adesso proprio il medesimo imprenditore, avendo di nuovo interesse a un altro cambio di destinazione urbanistica che Caianiello gli garantisce di poter ottenere, in cambio di questo promesso favore accetta di concordare con il suo concussore del 2005 una transazione, nella quale finge di aver da Caianiello ricevuto il risarcimento di 125.000 euro fissato dalla sentenza definitiva e anzi gli rimborsa pure le spese legali. La tangente sulla sentenza per tangenti: questa sì, questa ancora mancava nell’hit parade delle corruzioni post Mani Pulite.