Dopo l’ennesima “capriola” politica del consigliere regionale Sergio Pirozzi
AMATRICE – Riceviamo e pubblichiamo: Sono stato educato ai valori dell’umanesimo e della religione cattolica. Ma fin da bambino ricordo che facevo fatica ad accettare, capire, la parabola del Figliol Prodigo. Mi chiedevo: ma come fa un buon padre di famiglia a dare di più al figlio che lo ha offeso e disobbedito, rispetto all’altro che, invece, gli ha dato fedeltà e si è sempre comportato bene?
Poi con gli anni ho capito il senso profondo della parabola e mi sono dato una risposta: non siamo noi il centro del mondo, ma la nostra comunità. E cioè, Amatrice e le sue frazioni. E chi sincero e pentito torna è una ricchezza di tutti e per tutti, forse ancora di più di chi è sempre rimasto. E me ne sono fatto una ragione.
Oggi, purtroppo, mi capita di dover riaffrontare il dilemma: come interpretare le storie dei tanti, troppi Figliol prodighi nostrani?
Figliol prodigo numero 1. Sergio Pirozzi esce da un partito e ne fonda uno tutto suo. Si candida a presidente della Regione e non accetta alcun compromesso o accordo (per carità, legittimamente), e il suo vecchio partito perde le elezioni.
E io, come amatriciano, sono riuscito a perdonare, comprendere questa scelta.
Poi Pirozzi, non potendo contare su una squadra, si affida a chi lo appoggia di volta in volta, prima uno e poi l’altro, ottiene una commissione con i voti degli avversari storici, poi al voto di sfiducia che tutti aspettano con trepidazione, si trova un impegno fuori Regione e non può presiedere. E così nasce “Zingarozzi”.
E anche questa volta ho tentato di capire, di perdonare.
E ancora (notizia fresca): Pirozzi si ravvede, e come Lassie torna a casa, chiede scusa e giura fedeltà (ci sono le europee) ai vecchi compagni di sempre, quelli che ha fatto perdere, mantenendo però, inalterati i rapporti con Zingarozzi (mandandomi in confusione).
Una cosa è certa: la gente del suo vecchio partito si trova oggi nella condizione nella quale mi trovavo io al tempo della parabola del Figliol prodigo e sono certo si chiederà: ma è giusto tutto ciò? Ma io che sono stato fedele alle mie scelte e alla mia comunità conto meno?
Quale è il senso di tutto questo andare e tornare, che non riesco a capire? Un dubbio mi assale: non è che è solo un eterno inciucio personale?
Figliol prodigo numero 2. Massino Bufacchi inizia un percorso personale, si candida, si presenta, lancia un suo progetto e poi, all’improvviso, un passo indietro. Mi ritiro, non mi ci ritrovo, non era quello che volevo. Usato come mezzo, tradito, scaricato al momento opportuno per un disegno già scritto che solo lui non aveva capito. Basta non ci sto più. Ma, a sorpresa, pure lui torna a casa. Con parole sicure: sposo il progetto, confermo la disponibilità, gioco la partita con voglia ed entusiasmo per scelta (su “insistenza” di Fontanella), ma a condizione che si vinca, ovviamente. Un altro Figliol prodigo, con più stile forse, ma ancora meno sostanza.
E io da adulto anche questo Figliol prodigo non lo capisco.
Figliol prodigo numero 3. Tonino Fontanella. 15 anni di amministrazione. 10 anni di silenzio. E poi colpo di scena: “Chiedo scusa per il passato, domani cambierò”. Perché domani e non oggi? Perché dopo 25 anni di “porte chiuse”, la conversione al popolo, all’apertura, alle “porte aperte”, al dialogo? Un altro tipo di Figliol prodigo, quello della convenienza e del proclama. Evidentemente è di moda tornare a casa e scusarsi!
E questo, da adulto, lo capisco ancora meno!
E siamo all’oggi (riassumiamo per gli amatriciani): Pirozzi torna dai compagni di sempre, ma si allea con gli avversari di sempre; Bufacchi torna a casa anzi no, ci ripensa; Fontanella si converte sulla via di Damasco, tutto si rimischia, nel grande inciucio degli ex nemici che chiedono tutti scusa: Nardi contro Pirozzi, Di Marco contro Pirozzi, ora Nardi con Pirozzi e Fontanella. Fuori tutte le divisioni, azzerati anni di lotta e divisioni. Tutti insieme appassionatamente, perché conta solo vincere, vincere ad ogni costo e basta! La coerenza? Roba antica, ormai non ci crede più nessuno.
Nasce così la Lista “Fontarozzi” e viene da chiedersi: cosa hanno in comune Fontanella e Pirozzi, cosa li lega?
A questo punto, è veramente troppo. Basta. Il tempo del perdono è finito. La comunità non può essere sempre abbandonata, tradita, svenduta e rivenduta. Come se fosse un calzino.
La verità è che per Amatrice ci vuole una lotta vera, dei forti e liberi. Non gli inciuci. E i prossimi 5 anni saranno fondamentali: o si parte sul serio o è la fine. E rischiamo veramente di perdere definitivamente i luoghi che amiamo. Amatrice non può più aspettare.
Filippo Palombini