CIVITAVECCHIA – Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata dall’avvocato Ezio Calderai alla nostra redazione sulla vicenda legata alla Fondazione Cariciv: Caro Gianlorenzo, mi complimento per il tuo bell’articolo sulla Fondazione e non perché mi hai dedicato espressioni lusinghiere, che forse non merito, anche se te ne sono grato, ma per il fatto che, unico, in una citta immemore e distratta, hai messo nero su bianco considerazioni che probabilmente in molti hanno fatto senza, tuttavia, uscire allo scoperto.
Trovo surreale, in effetti, che il processo agli amministratori in carica fino a un anno fa, venga promosso da chi per anni non ha mosso un dito per mettere fine – truffa a parte – a una gestione, non saprei dire se più incompetente o dissennata, e a uno sperpero vergognoso. E’ un po’ come se, nel processo di Norimberga, Goebbels, Goring e Himmler si fossero costituiti parte civile. Esempio sicuramente sproporzionato; ripiego, allora, su uno più modesto e pertinente, trattandosi di istituti di credito: è come se il risanamento di Banca Etruria e di Veneto Banca fosse affidato ad amministratori e soci responsabili del dissesto.
Un antico adagio insegna che i soldi degli altri non valgono nulla. Questa la morale che si può trarre dalle squallide vicende che hanno caratterizzato per troppi anni la vita della Fondazione.
A mio avviso, poi, la responsabilità più grave ce l’hanno non gli amministratori o i componenti dell’organo di indirizzo, ma i soci, non solo perché depositari della storia (quasi due secoli) della Cassa di Risparmio di Civitavecchia ed ora della Fondazione Cariciv, ma perché, da persone libere, non avevano altri compiti se non quello di vigilare sull’integrità dell’Ente. Si dirà, l’Assemblea dei Soci non ha poteri, esprime soltanto pareri, obbligatori, ma non vincolanti, sui bilanci preventivi e consuntivi, cosa poteva fare? Tutto poteva fare: se avesse, tenendo la schiena dritta, votato contro una due volte avrebbe sgretolato il muro di omertà e risparmiato all’Ente la vergogna da cui è stato ricoperto, perché, come sempre, non si tratta solo di soldi. Invece sono stato lasciato solo, con me ha votato contro in un paio di occasioni solo un altro socio.
La figura di Cassandra mi ha sempre affascinato, anche perché sublimata dal più grande poeta mai esistito, Omero. Voglio paragonarmi alla protagonista di una sorte tanto tragica? Non ci penso neanche, sarei un folle prima ancora che un mitomane. Non ho capacità divinatorie. Mi limito, in questo come in ogni altro caso in cui è in discussione la mia morale, a valutare i fatti e comportarmi di conseguenza, e poi nelle amare vicende della Fondazione non c’era da predire il futuro, ma solo esaminare i fatti e chiamarli con il loro nome. Non sono più bravo, ma gli stessi fatti li hanno esaminati decine e decine di soci e si sono piegati.
Oggi la Fondazione ispira la sua azione al rigore? E’ tardi, come dice Violetta sul letto di morte quando le annunciano che Alfredo e il padre sono venuti per chiederle perdono.