L’ex operatore dello scalo sottolinea la necessità di comprendere l’importanza dei container nel futuro sviluppo di un territorio. ”Manca una programmazione adeguata da parte dell’Adsp”
CIVITAVECCHIA – È un Sergio Serpente amareggiato quello che analizza l’attuale periodo negativo del porto di Civitavecchia. E lo fa da ex operatore di uno scalo che, oggi, è al centro di una crisi dovuta al calo dei traffici e ad una serie di vertenze aperte e difficilmente chiuse. Basti pensare a quella tra Cfft e Rtc per la movimentazione dei container che, dopo 14 mesi, non ha ancora una definizione certa.
Sembra proprio che si voglia attendere il pronunciamento del Tar del Lazio, fissato per dicembre, per capire che strada seguire. Nel frattempo però i traffici proseguono le proprie rotte e la logistica chiede velocità.
“L’accordo tra Cfft e Rtc – ha spiegato Serpente – è superato dalla crisi che c’è oggi. Il porto è vuoto: altri scali hanno basato la loro crescita proprio sui container. E invece qui non riusciamo ad accogliere i traffici con una banchina adeguata a sostenerli. L’attuale unica banchina container presente nello scalo non risponde a quelle che sono oggi le esigenze del mercato.
E allora viene da chiedersi quale sia la linea che Civitavecchia vuole tenere.
Quali sono le politiche dell’Autorità di Sistema Portuale per sviluppare il territorio? I vertici hanno compreso che un’inversione di rotta, in positivo, è possibile solo puntando proprio sul traffico container e sul ro-ro, quest’ultimo utilizzato però esclusivamente per le tratte brevi?”.
Domande che per Serpente sono oggi fondamentali per capire le strategie di sviluppo; perché ad oggi, a detta dell’operatore portuale, il porto sta accumulando ritardi di cui altri scali stanno beneficiando.
“Non si riesce a percepire che è cambiato il modo di operare – ha aggiunto – che oggi la merce viaggia sui container, fermi al palo a Civitavecchia. A Roma ancora la merce arriva da Salento e da Livorno, con Civitavecchia alle spalle della Capitale. È una cosa assurda. Però se pensiamo che ci sono voluti oltre due mesi per approvare in comitato di gestione un adeguamento tecnico funzionale al piano regolatore vigente riguardante il terminal commerciale e la darsena traghetti, nonostante le celerità del Pincio, allora si comprendono tante cose”.
Adeguamento tecnico funzionale che non riguarda la banchina 24, quella dove insiste il terminal di Cfft, per la quale invece è prevista una norma tecnica attuativa e che dovrà ora ricevere l’approvazione del Consiglio dei lavori pubblici e poi della Regione Lazio; qualche mese, quindi, per chiudere definitivamente la pratica, se non ci saranno ostacoli. “Come operatore sono preoccupato – ha aggiunto Serpente – vedo un porto fermo.
Si è perso tempo non vedendo dove andava e cosa chiedeva la logistica, ossia magazzini, servizi e linee dirette.
Qui invece si sono siglati protocolli come quello con il Car ma non si è pensato ad attivare una linea diretta con il nord Africa. Manca la programmazione – ha concluso – la crisi non è del porto, ma delle decisioni di chi non ha capito il valore e l’importanza della logistica. Una crisi che si ripercuote non solo nello scalo, ma su l’intera Regione”.