Massimo Scolamacchia, ex dirigente della PAS (Port Authority Security) minacciò il dirigente Giantelemaco Perticarà a non testimoniare contro di lui. Indagati ufficialmente anche Fedele Nitrella e Stefano Gazzano. I reato vanno dal falso ideologico, appropriazione indebita, peculato. Scolamacchia rischia l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Si aggrava la posizione di Di Majo
CIVITAVECCHIA – Chiusa l’indagine relativa alle fatture false della PAS (Port Authority Security). Da questo blog giornale avevamo anticipato anche i contenuti, oggi resi ufficiali dalle ultime notifiche dei 415 Bis alle persone indagate.
Nel filone delle fatture false, aperto dal sostituto procuratore Roberto Savelli su esposto dell’ex amministratore unico Umberto Saccone, sono finiti in tre: Massimo Scolamacchia, Fedele Nitrella e Stefano Gazzano.
Accuse pesantissime dove, a fare da regista, secondo il castello accusatorio della Procura della Repubblica di Civitavecchia, c’era Massimo Scolamacchia (nella foto principale con il presidente Francesco Maria Di Majo).
Fatture gonfiate per lavori mai svolti “di supporto e verifica per la vigilanza sui controlli alle merci ed ai passeggeri destinati al traffico nazionale e internazionale nei porti di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta” per coprire l’immensa molo di stipendi da coprire ai dirigenti. Cifre mensili superiori ai 50mila euro che venivano inseriti e che servivano, come detto, per essere ripartiti e ridistribuiti tra i dirigenti e grazie alla firma del direttore tecnico Fedele Nitrella che ne certificava la regolarità.
Queste cifre, in caso di condanna degli indagati, dovranno essere restituite all’ente.
Intanto Massimo Scolamacchia, attualmente ancora dirigente dell’AdSP del Mar Tirreno Centro Settentrionale, è accusato anche di aver intralciato le indagini per aver minacciato il dirigente della PAS (Port Authority Security) Giantelemaco Perticarà.
Massimo Scolamacchia, saputo dell’indagine in corso e che Perticarà era stato chiamato presso gli uffici della Polizia di Frontiera per essere ascoltato in sit (sommarie informazioni testimone) lo avvicinava, minacciandolo con espressioni del tipo: “Ti chiamo in correità con me, così non puoi neanche più testimoniare, distruggerò la tua credibilità e troverò gli impicci che hai fatto o in caso inventeremo qualcosa, qui ci saranno morti e feriti. Pensa bene a quello che fai, ti conviene”.
Questa ultima cosa, probabilmente, costerà da subito la sospensione dal posto di lavoro apicale. Demansionamento per Massimo Scolamacchia almeno fino a quando non avrà dimostrato la sua innocenza a fronte delle accuse mosse dalla Procura di Civitavecchia e dal magistrato Roberto Savelli.
Questo 415 Bis è una mannaia per l’altra inchiesta in corso e che riguarda il presidente del porto Francesco Maria Di Majo e la segretaria generale Roberta Macii.
Adesso dovranno spiegare al magistrato perché non hanno provveduto, in qualità di responsabili del socio unico, a mettere in liquidazione la società, chiuderla o venderla e anzi, con un artificio contabile, avrebbero dirottato verso la PAS una ulteriore somma di 815mila euro a fronte di un credito accertato di centinaia di migliaia di euro dovuto al pagamento di fatture risultate false.
In questa situazione così ingarbugliata ci sono anche i faccendieri che hanno giocato un ruolo importante, ma di questo ne parleremo successivamente.
Quello che stupisce è come Francesco Maria Di Majo ancora non si sia dimesso rischiando di cadere in un principio fondamentale che lo sta portando a passi veloci verso Valle Aurelia e cioè: “il rischio di inquinamento delle prove.
Sicuramente onesto, sicuramente coraggioso. Certo è che un caos di queste proporzioni non era stato mai vissuto dai tempi di Ciani quando, per aver spostato due autisti in servizio presso la Regione Lazio, venne cacciato dal posto che ricopriva.
415 bis Scolamacchia