Il primo cittadino contrario all’ipotesi Tarquinia ipotizzata dal Ministero della Difesa. Si va avanti sulla strada dell’autosufficienza
CIVITAVECCHIA – La revoca dell’ordinanza firmata da Virginia Raggi in tema rifiuti non ha certo risolto la questione. Anzi. I problemi restano con Roma che deve comunque tamponare un’emergenza senza fine e con la Regione Lazio che in questi anni non è riuscita a tracciare la strada corretta entro la quale muoversi.
Al centro rimangono tutti quei comuni, come Civitavecchia, che da anni sono stati chiamati a fare la propria parte per “sorreggere” la Capitale, come ribadito anche dall’assessore all’Ambiente della Pisana Valeriani. E certo la disponibilità del Ministero della Difesa comunicata ad Ama, quella cioè di utilizzare siti militari, tra cui un’area a Tarquinia e una a Bracciano, per allestire almeno 4 centri di trasferenza, non è stata accolta positivamente dagli stessi territori.
«Ancora una volta si pensa a questo territorio come a un tappeto sotto il quale nascondere l’incapacità altrui di gestire il tema rifiuti – ha commentato il sindaco Ernesto Tedesco – la Raggi, la Regione Lazio e il Governo, o chi per loro, non pensino che spostare il mirino di qualche chilometro e far cadere il peso dell’immondizia su Tarquinia sia una soluzione minimamente accettabile da parte delle nostre amministrazioni locali. Massima solidarietà quindi al sindaco di Tarquinia Alessandro Giulivi: anche Civitavecchia è pronta a sostenerlo fino in fondo per respingere questo nuovo affronto al territorio». Territorio che lo ha detto forte e chiaro ieri, durante la protesta dei sindaci in Campidoglio: è deciso a percorrere la strada dell’autosufficienza. Perché quanto dichiarato da Raggi non starebbe in piedi secondo gli stessi Sindaci.
«Solo con un sistema integrato possiamo immaginare di risolvere i problemi della gestione rifiuti nel Lazio: un meccanismo che funziona anche in Acea Ato 2 dove si pianificano gli investimenti sulle infrastrutture idriche». Peccato che, Civitavecchia in primis, stia pagando proprio i disservizi di un Ato che non sembra guardare con la giusta attenzione i territori lontani dalla Capitale. Tutti motivi per uscire con più decisione dall’area metropolitana.