Angelo Marzano, 57 anni, è dermatologo del Policlinico e docente a contratto della Statale contagiato dal coronavirus
Ha ripreso subito a lavorare. D’altra parte già scalpitava quando ancora era bloccato in un letto di Infettivologia al Sacco. «Ma non ho recuperato del tutto il senso del gusto e dell’olfatto. Mi spiace sa? Sono una buona forchetta…». Angelo Marzano, 57 anni, è il dermatologo del Policlinico e docente a contratto della Statale contagiato dal coronavirus. Ora è in via di guarigione.
«Sono stato dimesso lunedì, dopo tre giorni e mezzo senza febbre e un tampone dall’esito finalmente negativo. Anche la tosse è meno forte. Sto lavorando da casa, mi occupo di malattie infiammatorie rare della pelle. I primi giorni ho fatto un po’ fatica, avevo come un cerchio alla testa, oggi sto meglio».
«A febbraio sono stato all’estero per lavoro. Prima in Grecia, a un congresso con 400 persone e poi in Germania, a Monaco di Baviera, a un incontro più ristretto. La sera tra il 20 e il 21 febbraio ho avvertito i primi brividi. Il giorno dopo sono tornato in Italia e mi è venuta la febbre».
Ha pensato subito al nuovo virus?
«Mi è venuto il sospetto, ma è stata la mia compagna a insistere e obbligarmi a telefonare a un collega del Sacco, il dottor Mario Corbellino. E lui ha convenuto con me sul fatto che fossi un soggetto a rischio».
Poi il ricovero e il test.
«Il 23 febbraio è arrivato l’esito positivo. Ho il triste primato di aver rivoluzionato i criteri epidemiologici validi fino a quel momento, perché non ero stato né in Cina né a Codogno né a contatto con persone che vi erano state».
E dove pensa di essere stato contagiato?
«Nel viaggio di andata verso Monaco due file davanti alla mia era seduta una persona poi risultata positiva, me lo ha comunicato la compagnia aerea. Ma è difficile stabilire se sia stata quella la fonte del contagio e a questo punto ha anche poco senso».
Al Policlinico, dove lavora, sono stati fatti alcuni tamponi.
«Sì, che io sappia sono risultati positivi due specializzandi, con sintomi lievi».
E il virus come ha aggredito il suo corpo?
«Ho avuto due momenti difficili. Il quinto giorno c’è stato un rialzo della febbre, dovuto a una reazione immunitaria all’infezione. Poi il 4 marzo la lastra ha evidenziato una piccola polmonite. Ho avuto anche un sintomo particolare, che i colleghi mi dicono non sia comune».
Quale?
«Mi sono comparse piccole vescicole simili a quelle della varicella sul tronco, ma non sugli arti o sul volto. A chi potevano capitare, se non a me che sono dermatologo? Le ho anche fotografate. Inoltre, come nelle riniti forti, si sono ridotti il senso dell’olfatto e del gusto».
Ancora adesso non sente odori e sapori?
«Direi che tuttora sono ridotti del 50 per cento. Spero di recuperare presto, sono una buona forchetta e vorrei tornare ad assaporare il gusto del cibo».
Come l’hanno curata?
«Con una combinazione di due farmaci antivirali di solito usati contro l’hiv e con un farmaco antinfiammatorio. Difficile dire però quanto abbiano aiutato. Ho sofferto un po’ la terapia».
Prendere il coronavirus da medico dà una prospettiva diversa alla malattia?
«Ci sono i pro e i contro. Da un lato capisci le reazioni del tuo corpo, ti aiuta a comprendere quello che sta succedendo. Dall’altro è fonte di stress e paura perché sai come potrebbe peggiorare».
Uno spavento per suoi familiari e pazienti.
«I miei figli, Federica di 16 anni e Stefano di 11, hanno capito la gravità della situazione. In questi giorni ci siamo videochiamati. Colleghi e pazienti mi hanno mandato moltissimi messaggi di solidarietà. E devo ringraziare anche la mia compagna, che mi è stata vicino».
Ora a casa sarà più tranquillo.
«Sono in quarantena, il 23 e 24 marzo farò altri due tamponi, se saranno negativi potrò uscire. A quel punto sarò pronto a fare la mia parte come dermatologo per affrontare la situazione. Devo ringraziare medici e infermieri che mi hanno curato, la sanità lombarda sta dando l’esempio al mondo intero. Alla lunga sono ottimista, ma tutti dobbiamo rispettare rigorosamente le regole di comportamento che ci sono state date».