“Devo prendere dei anticoagulanti e fare dei prelievi di sangue ogni quindici giorni. Nessuno mi risponde o mi sta assistendo”
ACQUAPENDENTE – “Sono purtroppo risultata positiva al Coronavirus – a parlare è la quarantanovenne Claudia (il nome è di fantasia) – poiché lavorando in una casa di risposo che si trova nelle vicinanze di Acquapendente, ho contratto il Covid-19 tramite un paziente infetto. Non solo io ma molti altri sono risultati positivi”.
Quello che angoscia Claudia, però in questo momento non è il Covid-19.
“Il mio problema ora, non è questo maledetto virus – Claudia ci racconta che fisicamente non le sta dando troppe complicanze, “né febbre, né tosse, né raffreddore, solo disturbi gastrointestinali”.
A preoccuparla è la trombosi che l’ha colpita un anno fa alla giugulare e per la quale deve prendere un farmaco, il Coumadin, cioè un potente anticoagulante.
“Purtroppo la posologia di questo farmaco non è sempre la stessa – ci dice al telefono la donna – , per questo, ogni quindici giorni sono obbligata a fare un prelievo all’ospedale di Acquapendente.
Mi controllano la coagulazione del sangue e decidono la dose del farmaco per i successivi quindici giorni.
Qui nascono i problemi. Dovevo effettuare il prelievo del sangue lunedì e ora, a causa della condizione di isolamento domiciliare come da protocollo Covid -19 in cui mi trovo, non so come fare.
Ho chiamato la Asl, i vari numeri verdi messi a disposizione. Mi sono rivolta anche al Team Operativo Coronavirus (Toc).
Niente da fare. Ognuno mi dirotta verso altri servizi e non riesco a venire a capo della soluzione.
Al Toc ieri mi hanno detto che si stavano organizzando per venire a farmi il prelievo del sangue a casa e che questa mattina mi avrebbero richiamato per farmi sapere a che ora sarebbero arrivati.
Ma – dice amareggiata Claudia – fino a questo momento non ho ricevuto nessuna telefonata”
E’ lei a cercarli di nuovo durante tutta la giornata.
“Mi hanno detto che non potevano venire, accampando mille scuse. Se non potrò proseguire con il Coumadin dovrò ricominciare con l’Eparina, che non si può prendere a vita, e per me sarà un problema perché dovrò fare molti più prelievi per tornare al Coumadin. Tutto questo per non venire a farmi un unico prelievo. L’ematologa che mi segue a Montefiascone mi ha detto che forse il Coumadin può essere pericoloso con le terapie che dovrò eseguire come positiva al Covid – 19, ma al momento non mi è stato prescritto nessun farmaco.
Nessuno che mi dia una diagnosi precisa, che mi rassicuri, tranquillizzi. Il medico di famiglia ha cercato di aiutarmi in ogni modo, attivando anche i servizi sociali, che però non sono giunti a nulla. Dal Toc, a noi pazienti Coronavirus, ci hanno detto che avremmo avuto supporto psicologico e monitoraggio quotidiano, ma così non è stato. Non è. Non ho sentito più nessuno e si devono fidare di quello che la mia coscienza civica mi impone”.
Quello che chiede questa donna è che qualcuno vada a farle questo prelievo, fondamentale per poter proseguire con la sua cura di sempre e qualora le sue condizioni non le permetteranno più di continuarla, solo allora, cambiare farmaco.
“Quello che più mi ha disturbato è lo scaricabarile utilizzato dalle strutture che ho contattato. Nessuno con una risposta univoca e nessuno che si è preso in carico il mio problema”.
Sappiamo che è un momento delicato e di superlavoro per aziende sanitarie e nosocomi, ma queste persone non possono essere lasciate sole, soprattutto se hanno patologie pregresse da curare e la comparsa del virus diventare un ulteriore aggravante.