Nel frattempo la curatrice, Daniela De Rosa, nega (contra legem) l’accesso agli atti della difesa che ricorrerà al Presidente del Tribunale
CIVITAVECCHIA – Che la vicenda Privilege Yard fosse complessa ed articolato se n’erano accorti tutti. Che dietro le strane vendite della curatrice fallimentare Daniela De Rosa ci fosse qualcosa di poco chiaro anche.
Sta di fatto che quello che sembrava essere il “processo del secolo” a Civitavecchia rischia di trasformarsi nell’ennesimo buco nell’acqua e, questa volta, un buco che ha creato danni imprenditoriali incalcolabili.
I sostituti procuratore che stanno lavorando in questo processo, Piloni e Migliorini, hanno chiesto e ottenuto, dalle banche svizzere attraverso una rogatoria internazionale, l’accesso ai conti di Mario La Via e la tracciabilità di tutti quei finanziamenti e operazioni bancarie che, di volta in volta, arrivavano per mettere una pezza alla crisi della società Privilege. Mario La Via ha sempre dichiarato che fossero i suoi fondi personali. Di soldi nella vita ne ha guadagnati una caterva. L’allora sostituto Lorenzo Del Giudice però non gli aveva mai creduto.
Ora su quei documenti c’è una verità inconfutabile: quei soldi erano davvero dell’imprenditore Mario La Via. Soldi personali no pizza e fichi.
Questa scoperta, di fatto, fa venire meno una delle accuse più gravi in capo all’armatore romano: la distrazione di fondi.
Ma non è tutto. In piena fase dibattimentale è successo qualcosa che ha dell’incredibile.
Gli avvocati della difesa hanno chiesto al giudice fallimentare Giuseppe Bianchi l’accesso al fascicolo in mano alla curatrice romana del fallimento Privilege, avvocato Daniela La Rosa.
Tra le altre cose, una delle grandi accusatrici di Mario La Via anche nel processo Banca Etruria ad Arezzo.
Contrariamente all’immaginabile, invece di decidere e autorizzare, il giudice Giuseppe Bianchi ha chiesto alla curatrice se fosse il caso di far vedere quei documenti agli avvocati un po’ troppo curiosi.
Ovviamente la legge li obbliga a mostrare documenti probatori in fase dibattimentale del processo, altrimenti che senso avrebbero le indagini difensive?
Invece Daniela La Rosa, l’avvocato ormai milionario grazie a questa curatela, ha detto al giudice Bianchi che quel fascicolo “no sa’ da vedere”. In poche parole lo avrebbe arbitrariamente secretato.
Cosa c’ha da nascondere la curatrice fallimentare?
Che cosa stanno cercando gli avvocati della difesa?
Qualcosa non quadra, in una vicenda dove poi si innescano personaggi a dir poco strani tra Libanesi, Maltesi e Americani che hanno acquistato il tutto ma che pochi fortunati sembrano aver conosciuto davvero di persona.
Cosa ancor più strana il diniego, inspiegabile se le cose sono state fatte a regola di codice fallimentare, l’accesso al fascicolo nel corso delle indagini difensive. Mario La Via vuole dimostrare come l’allora magistrato Lorenzo Del Giudice e successivamente la “milionaria” curatrice fallimentare, siano rimaste vittime (o nella peggiore delle ipotesi complici) di qualcehe strano disegno.
I magistrati dell’accusa (Mirko Piloni e Allegra Migliorini, ndr) non hanno posto obiezioni alla difesa e invitato la parte (gli avvocati di Mario La Via), come giusto che sia, a ricorrere immediatamente al presidente del Tribunale per ottenere, d’imperio, l’accesso a quei documenti custoditi così gelosamente dall’avvocata Daniela La Rosa. Insomma, questa signora deve “cacciare” le carte.
In attesa che la rogatoria venga tradotta da un perito e la richiesta di accesso agli atti da ottenere dal presidente del Tribunale farà qualche settimana ma, nel frattempo, sarebbe opportuno che l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale renda pubblici i documenti della due diligence commissionata prima di firmare le concessioni alla Konig, alla Royalton, a Frangi, e chi diavola sa chi altri.