Riflettiamo su cosa eravamo e sugli errori commessi. Gli ospedali da strutture sotto attacco mediatico a centri di speranza pieni di angeli e guaritori
CIVITAVECCHIA – Riceviamo e pubblichiamo: Carissimi, anche se la fine dei domiciliari non è dietro l’angolo credo si debba cominciare a riflettere su quello che è accaduto, sta accadendo e accadrà quando l’emergenza sarà finita.
Dico subito che non condivido la parola d’ordine secondo cui in questo momento non si debbono fare critiche: solo uniti si sconfigge il nemico invisibile, versione ai nostri giorni della prassi totalitaria che vuole che il manovratore non debba essere disturbato.
Nulla di più sbagliato. Senza critiche, senza polemiche, senza dialettica una democrazia, qualsiasi democrazia, abdica alla propria natura e diviene qualcos’altro: vecchi vizi si perpetuano, le distinzioni sbiadiscono, il merito, il talento dei giovani, la capacità d’innovazione escono sconfitti.
Per converso l’establishment politico, finanziario, professionale rimane immutato, anzi si rafforza, come nelle emergenze si rafforzano le grandi burocrazie, prime tra tutte la magistratura, per la verità di questi tempi in sordina, e il firmamento dei gran Commis de l’Etat. E più si rafforzano e più diventano autoreferenziali e inefficienti.
Non per andare controcorrente, ma è un fatto che l’epidemia ha rivelato, se mai ce ne fosse stato bisogno i vizi atavici degli italiani: siamo superficiali, opportunisti, emuli ostinati di Guicciardini senza conoscerlo, patrioti d’occasione.
Il tricolore garrisce unicamente durante i campionati di calcio meglio se del Mondo e d’Europa o in altre stanche celebrazioni di eventi remoti di cui i giovani non hanno memoria.
Ora le bandiere accompagnano i neocostituiti battaglioni antivirus. Nulla, insomma, che possa dare la misura di un comune destino, temprato dalla tradizione, dalla continuità senza sorprese, dall’etica della responsabilità.
La generalizzazione è prassi irrazionale e talvolta ripugnante, ma non c’è dubbio che i manovratori si rivolgano alla parte del popolo italiano facilmente riconoscibile dai propri vizi senza perdere tempo a ricercare la parte virtuosa, più nutrita di quanto possano credere, anche se fortemente minoritaria nelle urne.
Così i manovratori adottano un ridicolo linguaggio di guerra, stordiscono il popolo a colpi di retorica e luoghi comuni, uno dopo l’altro, insofferenti alle critiche, trovano giustificazioni per tutto e, quando non bastano, alimentano le teorie del complotto.
Non pretendete da me una trattazione organica, mi limiterò a consegnare alla vostra riflessione poche pillole su argomenti che mi hanno colpito.
1) Prima che esplodesse il contagio non c’era una sanità, ma la malasanità. Sui giornali, grandi e piccoli, in televisione non ne parliamo, fatti il più delle volte strampalati guadagnavano le prime pagine, mettendo nel mirino principalmente i medici, senza risparmiare infermieri e il personale sanitario in genere. Non a caso i nostri Tribunali sono pieni di cause per responsabilità professionale medica, che spesso prendono una piega penale.
Nel giro di un mese gli stessi medici, lo stesso personale sono stati trasformati in eroi, in angeli scesi in terra a garantire il nostro diritto all’immortalità. Oggi se un chirurgo lasciasse il classico bisturi nella pancia di un paziente la notizia non verrebbe data o relegata in un trafiletto nelle ultime pagine.
In medio stat virtus: massina aurea che ignoriamo. Del resto con i romani, sia detto forte e chiaro una volta per tutte, non abbiamo nulla in comune.
2) Il partito di maggioranza relativa che ha vinto le elezioni politiche del 2018 mandandoci tutti affanculo, affermando il principio universale dell’uno vale uno, vero e proprio grimaldello per scardinare studi, ricerca, competenze, per sostituire la medicina ufficiale con quella degli sciamani – senza offesa per uomini che nel loro ambiente sono preziosi e non si affiderebbero mai ai metodi Stamina o Di Bella -, per scatenare una campagna insensata contro i vaccini, bene, quel partito, pur più che dimezzato, costituisce tuttora la spina dorsale dell’attuale Governo.
Ricordate la xylella il malefico batterio che qualche anno fa ha aggredito gli ulivi in Puglia?
Ricordate che un’indecente alleanza tra quel partito, magistrati, Governatori demagoghi, si è messo di traverso, impedendo di adottare i rimedi accoratamente suggeriti da scienziati di tutto il mondo?
Se lo ricordate, provate a vedere fotografie e filmati che testimoniano della devastazione dei meravigliosi uliveti del Salento, undici milioni di piante morte e sradicate, un paesaggio orribile e sconsolante, irriconoscibile dopo l’espianto di ulivi secolari.
La domanda viene spontanea: può essere affidata la cura dei cristiani a chi non è stato in grado di evitare la propagazione di un batterio, anzi ha fatto di tutto per favorirla?
3) Alla fine di gennaio il Governo dichiarava lo stato di emergenza: nessuna preoccupazione siamo preparati per ogni evenienza. Sono passati due mesi, in mezzo una serie insensata di parole in libertà (“è poco più di un’influenza; non diventeremo il lazzaretto d’Europa; muoiono solo le persone che sarebbero morte comunque”), un consegna ai domiciliari che dura ormai da venti giorni senza segnali apprezzabili sulla riduzione del contagio e delle vittime, e apprendiamo che sono rimasti sul terreno, per mutuare il folle linguaggio bellico, oltre 80 medici e un numero imprecisato di operatori sanitari.
Colpa del destino cinico e baro? Certo, non siamo stati fortunati, ma quanti sono morti per la mancanza di elementari dispositivi di sicurezza individuale? Ma non eravamo pronti per ogni evenienza?
Le mascherine sono emblematiche della nostra superficialità e insipienza. Quando il contagio si propagò con virulenza in Corea del Sud, paese sicuramente democratico, il Presidente si recò nella città, terza per importanza nel paese, dove si era sviluppato il focolaio più grave, disse che il Governo si sarebbe trasferito lì fino a quando l’epidemia non fosse stata sostanzialmente contenuta, stabilì, coadiuvato dagli scienziati, le misure più urgenti da adottare, impose a due o tre aziende tessili di convertire la propria produzione per fabbricare solo mascherine 24H su 24.
Il caso della Corea del Sud, che ormai ha ridotto il contagio ai minimi termini e interrotto la tragica sequenza delle vittime, induce legittimi interrogativi.
4) Interrogativi?
Si fa fatica perfino ad esprimerli. Il pensiero unico, il conformismo, si è imposto fin da subito. La strategia di contrasto all’epidemia è stata affidata, senza se e senza ma, a grandi virologi, il presidente di questo o quell’altro istituto, il direttore di questa o quell’altra clinica specializzatissima. Io non dubito delle capacità professionali e meno che mai dell’autorevolezza scientifica delle personalità che abbiamo imparato a conoscere, ma è possibile che non ce ne fossero altre preferibilmente con idee diverse?
Possibile che la linea dovesse essere dettata sempre dagli stessi, tra l’altro costretti a girare tutti i canali TV come trottole?
Possibile che certe crepe nella strategia antivirus non potessero, anzi dovessero, suscitare neppure un dubbio o una perplessità?
Eppure ce n’era più di un motivo, che oggi comincia a farsi strada sempre meno timidamente.
Nessuno ha commisurato le misure di prevenzione alle caratteristiche del virus, che aggredisce quasi esclusivamente la popolazione anziana. In questa diversa prospettiva, sono in molti a sostenere che:
1) la chiusura delle scuole è stata inutile, meglio sarebbe stato proteggere la popolazione scolastica e gli insegnanti con dispositivi di sicurezza individuali e con regole severe circa le distanze da tenere sia a scuola sia in casa (una mia carissima amica, colta, intelligente e pratica mi ha detto: sarebbe stata probabilmente la soluzione migliore, se non fosse che la gran parte delle nostre scuole si trovano in edifici vecchi, non funzionali, con aule striminzite ecc. La mia amica ha ragione, questo però vuol dire che le scuole sono chiuse non a causa del coronavirus, ma per l’endemica carenza della nostra edilizia scolastica. Tanto per dirne una: quante scuole avremmo costruito o messo a norma se non avessimo sperperato in dieci anni 10 miliardi per Alitalia?);
2) il fermo di quasi tutte le attività del paese, il divieto di uscire di casa non solo sono stati di utilità relativa, ma hanno messo in ginocchio aziende piccole e meno piccole, molte delle quali non riusciranno a riaprire dopo la crisi, meglio sarebbe stato limitare i divieti agli anziani;
3) l’eccessiva ospedalizzazione ha funzionato come acceleratore del contagio specie in Lombardia, dove la rete dei medici di base o di famiglia è stata smantellata; tutti in ospedale, soluzione che funziona in situazioni ordinarie, mentre in situazioni di emergenza solo le cure a domicilio possono garantire la tenuta del sistema.
Io sono anziano, ma anche le nostre guide lo sono, voglio dire che non è improbabile che, come me, abbiano una resistenza culturale alle innovazioni tecnologiche e telematiche; però, sono curioso e ho cercato di capire come avessero affrontato la crisi altri paesi. Lasciamo stare la Cina, che ha sequestrato, nel senso stretto del termine, 50 milioni di persone, che a lungo ha colpevolmente nascosto l’epidemia, che ha espulso i corrispondenti di grandi giornali stranieri, che ha fatto sparire giornalisti e non solo, in genere tutti quelli che hanno provato a raccontare come stavano andando realmente le cose e poi lì sono abituati a sequestrare intere etnie come accade nello Xinjiang e in Tibet.
4) Prendiamo invece un paese sicuramente democratico come la Corea del Sud, a confine con la Cina.
Lì il contagio si è sviluppato con grande velocità e virulenza, ma è stato subito contenuto, senza ricorrere a divieti sulla libera circolazione delle persone, grazie a sistemi velocissimi ed efficienti e alla digitalizzazione ed il tasso di mortalità è stato il più basso di tutto il mondo, 0,77%. Non sono sicuro che i nostri strateghi abbiano una consuetudine maggiore della mia alle novità, se l’avessero, sarebbe molto, ma molto peggio perché significherebbe che, innamorati delle proprie tesi, non intendono metterle in discussione. Lasciamoci soccorrere dalla lingua latina: errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
Si dirà, ma quelli sono confuciani, se da noi avessero controllato i nostri spostamenti sui cellulari sarebbe scoppiata la rivoluzione. A parte il fatto che già oggi siamo controllati 24H su 24 grazie alle celle telefoniche, alle carte di credito, ai bancomat, agli apparati di video sorveglianza (per carità di patria non cito le intercettazioni giudiziarie), non è che abbiamo protestato più di tanto quando ci hanno consegnato nelle nostre abitazioni e non è che la Germania, che ha adottato la strategia coreana di contrasto alla pandemia, sia meno attenta alla privacy. Quando è in gioco la vita si accetta tutto.
5) Non credo che gli strateghi e i politici che li hanno sostenuti si siano fatti molti amici tra gli anziani. Nel tentativo di giustificarsi, a fronte della situazione disastrosa negli ospedali e di un tasso di mortalità che non ha eguali nel mondo, ci hanno spiegato che il virus di per sé non fa moltissime vittime, muoiono soltanto i vecchi già afflitti da due o tre gravissime patologie. Come a dire, curiamo solo i giovani, tanto non ne hanno bisogno, sono i vecchi a metterci in difficoltà e a rovinarci le statistiche.
Perdonatemi il taglio corrosivo, da humor nero, ma mai messaggio fu più demenziale: non solo presuppone che il sistema sanitario nazionale non debba prendersi cura di chi sta male, vecchio o giovane che sia, ma ne sottintende un altro tanto cinico quanto orribile, i vecchi possiamo anche lasciarli andare, tanto prima o poi sarebbero morti lo stesso. Tanto più demenziale e stupido perché nella realtà gli ospedali non hanno trascurato nessuno.
6) Che dire, poi, dei canali di comunicazione del Governo: unità anzitutto, ci troviamo di fronte a un fenomeno sconosciuto (sarebbe bastato leggere, anche su wikipedia, Tucidide, Manzoni, Camus tra i moltissimi altri, per rendersi conto che le epidemie da sempre hanno sconvolto il mondo, nella antichità e ai nostri tempi: abbiamo dimenticato peste suina, aviaria, ebola, Sars e innumerevoli altre), non lasceremo indietro nessuno e così via.
Ora, a parte il fatto che i telegiornali del servizio pubblico e quelli delle emittenti che vanno per la maggiore dovrebbero andare in onda in fascia protetta per i contenuti pornografici che presentano quando si parla di governo e dei suoi conducatores, si potrà dire o no che le indiscrezioni sui contenuti dei provvedimenti legislativi o amministrativi hanno causato danni incalcolabili determinando piccoli e grandi esodi dal nord al sud estendendo il contagio a regioni che mantenevano dei livelli bassi?
Si potrà dire o no che i decreti sono confusi e illeggibili e che mutano con la stessa velocità del virus, senza averne l’efficacia?
Si potrà dire o no che in nessun altro paese del mondo i permessi per l’ora d’aria sono cambiati cinque volte in un mese?
Si potrà dire o no, in una situazione drammatica per larghe fasce della popolazione, che tra provvidenze concrete e annunci intercorrono tempi inaccettabili?
Si potrà dire o no che la mistificazione è il peggiore degli strumenti di governo, quando il colto e l’inclita capisce che la propaganda più volgare prende il posto dell’azione chiara, efficace, attenta esclusivamente all’interesse generale (si pensi soltanto all’enfasi che ha accompagnato l’annuncio dello stanziamento di oltre quattro miliardi a favore del comuni, come se fosse un aiuto straordinario e non invece, com’è, l’anticipazione di poco più di un mese di fondi già in bilancio e già destinati a comuni)?
Ed infine, si potrà dire o no che decreti adottati dal solo Presidente del Consiglio (DPCM), oltre tutto anticipati sui social network, costituiscono un vulnus per la democrazia?
Il bravissimo notista de “Il Foglio”, Guido Vitiello, uomo di enorme cultura (sono gli unici che invidio), riporta le parole di Pericle (tra l’altro morto della peste che devastò Atene) agli ateniesi in occasione di una gravissima crisi: “Non pensiamo che il dibattito arrechi danno all’azione; il pericolo risiede nel non chiarirsi le idee discutendone, prima di affrontare le azioni che si impongono. Giacché anche in questo siamo differenti: sappiamo dar prova della massima audacia e nello stesso tempo valutare con distacco quel che stiamo per intraprendere; mentre, per tutti gli altri, l’ignoranza spinge all’ardimento, la riflessione induce ad esitare.”. Non c’è bisogno di aggiungere altro.
Continua ….