ROMA – “Il decreto liquidità del governo Conte? Una ‘Ferrari senza motore’. Ci saremmo aspettati un’immissione shock vero in termini di liquidità, che rilanciasse l’economia, ma in realtà il decreto consente solo alle aziende di indebitarsi. Si costringono le imprese a pagare le tasse arretrate. In questo modo lo Stato potrà continuare ad incassare e non dovrà preoccuparsi di far fronte alla valanga di nuovi disoccupati che la chiusura o anche solo il ridimensionamento delle attività aziendali avrebbe causato.
Ma le falle del decreto stanno lentamente venendo a galla. Ci sono circa 272.000 aziende escluse in partenza dai finanziamenti perché segnalate alla centrale rischi per via di qualche omesso o ritardato pagamento. Tutte le altre (tranne le micro imprese) dovranno invece garantire gli attuali livelli occupazionali, previo accordi sindacali (cioè non dovranno licenziare nessuno). Naturalmente i soldi non li regalano, ma vanno restituiti entro un massimo di 6 anni maggiorati di interessi (che deciderà la banca).
Questo decreto non ci piace per tante ragioni. Sappiamo che un’azienda che non produce utili, ma perdite, non otterrà mai alcun prestito dalla sua banca, perché non sarebbe in grado di restituirlo. Ed allora ci chiediamo: perché mai lo Stato la spinge ad indebitarsi?
Forse perché quelle aziende verrebbero probabilmente a trovarsi fra uno o due anni in una situazione peggiore di quella attuale? con molti più debiti e col rischio concreto di perdere anche il proprio patrimonio e i loro titolari forse anche la casa?
La verità è che senza aiuti veri molte imprese saranno costrette a chiudere o ridurre l’attività e licenziare il personale. Seguirà allora un aumento dei disoccupati (imprenditori, autonomi, professionisti) e ci sarà una vera e propria rivoluzione del sistema socio economico ed in particolare del popolo delle partite Iva.
Quindi cosa fare? Ritengo che l’unica soluzione per salvare aziende e dipendenti resti quella di contrastare il crollo dei ricavi causato dalla pandemia attraverso la riduzione delle imposte e dei contributi da pagare all’Inps e che lo Stato potrebbe fiscalizzare. In pratica lo Stato potrebbe sostituirsi al datore di lavoro nel pagamento dei contributi per il personale. In tal modo non si pregiudicherebbero le future prestazioni previdenziali e assistenziali dei lavoratori. Solo così le aziende potrebbero restare aperte e non licenziare il personale.
Il ricorso esclusivo al prestito a mio parere è stato esagerato. Il governo nel decreto liquidità avrebbe potuto e dovuto almeno garantire per una parte (30%?) finanziamenti alle imprese a fondo perduto. Dando una vera iniezione di liquidità ‘libera’ e non vincolata.
Purtroppo invece così non è stato.
Concludendo, il decreto che favorisce i prestiti alle aziende non serve e in molti casi può addirittura rivelarsi dannoso per chi li richiede. Occorre invece aiutare le aziende attraverso l’abbattimento di tasse e contributi. Non per sempre certo, ma almeno per quest’anno e in misura ridotta per il prossimo. Solo così si potrà evitare la distruzione del nostro sistema produttivo fatto soprattutto di piccole aziende commerciali e artigianali e salvaguardare i livelli occupazionali. Ed allora, passata la tempesta, le aziende potranno davvero tornare pian piano a produrre utili e a pagare le tasse. Incoraggiarle ad indebitarsi è un atto miope e controproducente per tutti perché serve solo a prolungarne l’agonia e a rassegnarsi al declino”.
Lo dichiara in una nota il senatore Claudio Fazzone.