Approvato con procedura d’emergenza dall’Fda, l’agenzia che regola la commercializzazione dei medicinali negli Usa l’uso del farmaco anti-Ebola chiamato “Remdesivir”, per curare il coronavirus.
Soddisfatto Matteo Bassetti, direttore del reparto Malattie infettive al San Martino di Genova.
“In accordo con AIFA e OMS il coordinamento nazionale della sperimentazione “Solidarity” (uno studio internazionale randomizzato) ci ha comunicato che da lunedì potremmo iniziare il trial con un solo braccio che include unicamente il remdesivir. Nell’attesa del vaccino, concentriamoci intanto sulla cura, l’equazione è semplice: contraggo la malattia ma grazie al farmaco potrò guarire agilmente. I dati sul Remdesivir che giungono dagli Stati Uniti sono molto positivi. Io sono convinto che nel COVID Remdesivir abbia valore se usato molto precocemente (all’inizio dell’infezione e in futuro addirittura a casa) e per poco tempo (max 5 giorni) per abbassare molto la carica virale“.
Il virologo era stato uno dei primi a credere in questo farmaco. Era il 2 marzo quando annunciò di avere chiesto la possibilità di sperimentarlo sui pazienti di malattie infettive. Il 17 marzo si registrò a Genova il primo paziente guarito con l’uso di Remdesivir. Poi le cose hanno iniziato a complicarsi: dal 23 marzo per usare il medicinale è stata resa necessaria non solo l’autorizzazione del comitato etico interno, ma anche dell’Aifa e dell’istituto Spallanzani di Roma. Ed ora finalmente la bella notizia.
Ma le speranze non si concentrano solo su Remdesivir. «L’infezione è caratterizzata da tre fasi, per ognuna abbiamo farmaci che si stanno rivelando efficaci — dichiara al Corriere della Sera, Annalisa Capuano, professore associato all’Università della Campania «Vanvitelli» ed esponente della Società italiana di farmacologia (Sif)—.
“Il primo stadio, in cui inizia la replicazione del virus, è quello dei sintomi aspecifici e non gravi: le terapie più indicate sono antivirali, paracetamolo e l’idrossiclorochina, ma quest’ultima va presa sotto controllo medico per i possibili effetti cardiotossici»ì”. Se il sistema immunitario non riesce a bloccare l’infezione si passa alla fase 2, caratterizzata da una marcata infiammazione polmonare. «I farmaci utili per combatterla, accanto agli antivirali, sono tocilizumab e altre molecole simili, con azione antinfiammatoria e immunomodulante diretta contro specifiche interleuchine — precisa la farmacologa —. Anche basse dosi di steroidi possono favorire il miglioramento delle condizioni dei pazienti».
Nella fase 3 l’iper infiammazione si diffonde ad altre parti del corpo e si verifica la cosiddetta “tempesta citochinica”. «Si è visto che, quando il virus entra in circolo, vengono danneggiati i vasi sanguigni ed è frequente la formazione di piccoli trombi — afferma Capuano —: ecco perché in questo step gravissimo della malattia può essere decisiva l’eparina a basso peso molecolare, una sostanza anticoagulante. È un farmaco da somministrare con cautela per il rischio di emorragie, ma da quando è entrato nell’armamentario terapeutico ha probabilmente contribuito alla diminuzione del numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva».