Il giovane di Cerveteri ucciso da un colpo di pistola dal padre della sua fidanzata, Antonio Ciontoli, a Ladispoli. L’8 luglio inizia l’Appello bis
LADISPOLI/CERVETERI – 18 maggio 2015. Una data che resterà per sempre impressa nella mente e nel cuore di due genitori ancora oggi alla ricerca di giustizia e verità e in quello di migliaia di italiani che da quella drammatica notte si sono uniti a loro.
Era la notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 quando Marco Vannini, il 20enne di Cerveteri, ha perso la vita a causa di un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli, il padre della sua fidanzata.
Marco quella sera, dopo il lavoro, si era recato a casa della sua fidanzata a Ladispoli, Martina Ciontoli per trascorrere con lei la serata. Intorno alle 23 la chiamata ai genitori per dire loro che sarebbe rimasto a dormire a casa di lei e che sarebbe tornato la mattina seguente.
Ma Marco a casa non c’è mai tornato.
Secondo quanto ricostruito durante i processi, tutti gli imputati (la fidanzata di Marco, Martina Ciontoli, il fratello di lei, Federico Ciontoli e la sua fidanzata Viola Giorgini, e i genitori dei due ragazzi Antonio Ciontoli e Maria Pezzillo) erano presenti in casa, quando Marco venne colpito dal colpo di pistola mentre si trovava nella vasca da bagno. Ad assumersi la responsabilità dello sparo, Antonio Cionoli, il capofamiglia.
Il primo grado di giudizio aveva condannato il capofamiglia a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale. Tre anni invece agli altri componenti della famiglia: i due figli, Federico e Martina e alla moglie, Maria Pezzillo. Assolta invece Viola Giorgini.
Il secondo grado di giudizio aveva derubricato il reato per Antonio Ciontoli condannandolo a 5 anni per omicidio colposo con colpa cosciente. Invariata la sentenza per i due figli e la moglie.
Ma ora, dopo la sentenza di Cassazione, l’Appello andrà rifatto.
La battaglia di Marina e Valerio e di quanti in questi anni sono stati al fianco dei due genitori, riprenderà l’8 luglio. Per la Cassazione Marco Vannini morì per le «lesioni causate dal colpo di pistola» e se fosse stato soccorso in tempo non sarebbe morto. «Non è controversa l’esistenza del nesso causale fra l’esplosione del colpo di pistola e il decesso: in più, una ferita con quelle caratteristiche aumentava le possibilità di sopravvivenza e imponeva l’adozione di immediati soccorsi. Il ritardo nei soccorsi – si legge- si protrasse per 110 minuti ed ebbe un ruolo decisivo nel causare la morte di Marco Vannini, che non si sarebbe verificata se i soccorsi fossero stati tempestivi».
Secondo i giudici di piazza Cavour, inoltre, «una condotta omissiva fu tenuta da tutti gli imputati nel segmento successivo all’esplosione di un colpo di pistola, ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi».
In tutti questi anni non si sono mai fermate le iniziative, i gesti di vicinanza e di solidarietà alla famiglia di Marco. Una grande famiglia intorno a mamma Marina e papà Valerio per un figlio, Marco, diventato già dal giorno dopo la drammatica tragedia, il figlio, il cugino, il fratello di tutti.
«La gente ci vuole bene, ci sta vicino» – aveva detto mamma Marina nei giorni scorsi dopo aver ricevuto insieme a Valerio una maiolica raffigurante Marco al mare (la foto preferita di Marina) dalle mani del sindaco di Santa Marinella, Pietro Tidei e di tutta la città. Un dono arrivato proprio nel giorno dell’anniversario di matrimonio di Marina e Valerio.
L’ennesimo regalo che Marco ha voluto fare ai suoi due genitori combattenti che negli anni non hanno mai mollato e si sono sempre battuti per la verità e la giustizia.