“Mi dimetto dal Movimento 5 Stelle, che non mi rappresenta più, continuando la mia attività di parlamentare”. Così Piera Aiello, eletta il 4 marzo 2018 nel collegio uninominale in provincia di Trapani-Marsala con quasi 80 mila voti, di cui 25mila nominali.
“Ho deciso così di rimettere in discussione la mia vita, tenuta segreta dal lontano 30 luglio 1991, in quanto testimone di giustizia”, racconta in un lungo post su Facebook dove annuncia l’addio al M5S.
“Quando mi è stata chiesta la disponibilità alla mia candidatura, ho intravisto la possibilità di portare la mia esperienza di testimone in un’aula parlamentare dove poter esporre le problematiche dei testimoni, dei collaboratori di giustizia e degli imprenditori vittima di racket e di usura”.
“Dopo la mia elezione – ricorda Aiello – sono entrata a far parte della Commissione Giustizia e della Commissione Parlamentare Antimafia, dove ho messo in chiaro di non volermi candidare per nessun posto apicale, ma di voler portare un sano contributo in difesa delle suddette categorie, spesso, per non dire sempre, abbandonate negli anni dai Governi di turno.
Affermo ciò perché nella mia trentennale lotta alla mafia tante promesse sono state fatte, e non mantenute, il che ha peggiorato sempre più la condizione di testimoni, collaboratori e imprenditori, quindi dell’intero popolo italiano, cui è stata soffocata la voce per aver avuto voglia affermare la verità e la giustizia.
Negli anni mi ero appassionata a Gianroberto Casaleggio, uno dei padri del Movimento 5 Stelle, per le sue idee innovative, in cui era palese la voglia di un cambiamento concreto nell’ambito politico”.
“Uno dei pensieri che ho fatto mio – aggiunge Aiello – è il seguente: ‘Per raggiungere un obiettivo bisogna crederci, talvolta in modo irrazionale. In questo modo la possibilità di successo aumenta poiché lo ritengo rappresentativo del mio percorso di lotta alla mafia e alla criminalità organizzata. Egli stesso si definiva un semplice cittadino che, con i pochi mezzi a sua disposizione, provava ad affermare quelle idee che a suo dire non sono né di destra né di sinistra poiché si tratta unicamente di idee buone o cattive. Tante sono le cose dette da Gianroberto Casaleggio – prosegue – che condivido appieno e che hanno contribuito alla mia decisione di entrare in questa grande famiglia. Ho ritenuto opportuno fare questa premessa perché chiunque avesse deciso di candidarsi in nome di questi ideali avrebbe dovuto essere un cittadino modello, giusto e osservante delle regole e delle leggi e con una fedina penale limpida. Solo in questo caso il Movimento mi avrebbe rappresentata, anche perché negli anni si era battuto in nome della verità, della giustizia e della legalità affiancando i testimoni di giustizia e addirittura accompagnandoli e ascoltandoli in commissione parlamentare antimafia”.
“Ma se ad oggi mi trovo a scrivere tutto ciò – fa notare – è perché, in due anni, di questi ideali non ho visto attuare neanche l’ombra. Per cominciare, in commissione giustizia i deputati sono incaricati di proporre emendamenti o modifiche su qualsiasi proposta di legge avallata o scritta dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e dal suo ufficio legislativo. Ma dopo mesi di sedicenti confronti, di tutto il lavoro parlamentare non rimane nulla. È sempre il ministro a decidere tutto e sicuramente non in autonomia, poiché il 90% degli emendamenti portati in commissione e poi in aula vengono bocciati e spesso senza alcuna motivazione valida. Sicuramente sono state fatte leggi importanti come lo ‘Spazza corrotti’’, il ‘416-ter’, la ‘riforma della prescrizione’, l’inserimento del ‘Troyan’’ come strumento per le intercettazioni, ma di fatto rese vane nel momento in cui vengono mandati agli arresti domiciliari ergastolani del 41bis tramite una semplice circolare concordata con gli organi del Dap e il ministro Bonafede”.
“Non nascondo l’amarezza per tutto il lavoro che ho fatto – dice ancora Aiello -, non solo in questi due anni da deputato ma anche negli anni quale semplice testimone di giustizia, lavoro vanificato da persone che non solo non si sono mai occupate di antimafia con la formazione adeguata, ma che non hanno ascoltato il mio urlo di dolore che non è altro che la voce di migliaia di persone che non hanno modo di farsi ascoltare e che io mi pregio di rappresentare. Sono stata additata come, e scusate il termine, ‘rompicoglioni’, solo perché difendo a spada tratta i diritti di chi come me è stato ‘spremuto come un limone’ da organi dello Stato e abbandonato. Sono fiera di essere così come vengo definita, specialmente da colui che per primo mi ha chiamata così, perché ho avuto la certezza che in questa specifica commissione, dove si decide della vita e della morte delle persone, vengono nominati personaggi che non avrebbero mai avuto il coraggio denunciare neanche un semplice furto di galline e nonostante ciò hanno l’arroganza di non ascoltare chi per anni ha vissuto in un sistema di protezione a dir poco surreale”.
“Negli anni, non solo io ma anche altri testimoni di giustizia abbiamo offerto la nostra collaborazione per migliorare il sistema, ma tutto ciò è rimasto inascoltato.
Alla luce di tutto ciò non voglio essere considerata complice di quanto è accaduto nonché chiudere gli occhi su quanto sta accadendo: ribadisco che non ho mai chiesto poltrone o privilegi ma solo di essere ascoltata e di continuare a fare antimafia vera nelle istituzioni competenti. Se, come mi diceva ‘Zio Paolo’ (Borsellino): ‘Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo’, ebbene ho la netta sensazione che non è la guerra quella che il Movimento ha fatto in questi due anni.
La mia lotta per la Legalità, la Giustizia e la Verità continua senza sosta, perché iniziò ben due decenni prima della nascita del Movimento e, se il Cielo mi aiuta, continuerà altri decenni a favore della mia gente, della Sicilia, dell’Italia tutta, in memoria di chi ha dato la propria vita per lo Stato senza scendere mai ad alcun compromesso”, conclude.