Intanto emergono i dettagli e la foto che ritrae i tamponi effettuati dal finto medico al Consorzio Stabile Euro Global Service G. A.
CIVITAVECCHIA – Continuano le indagini sulla truffa dei falsi tamponi Covid-19 a Civitavecchia con un colpo di scena. Il direttore generale della ASL RM 4 Giuseppe Quintavalle dichiara che quei tamponi non sono stati rubati nell’Ospedale San Paolo di Civitavecchia smentendo gli indizi raccolti dai carabinieri e le dichiarazioni rese dai suoi stessi dirigenti in servizio nel nosocomio cittadino.
I due infermieri (conviventi), attualmente detenuti in regime domiciliare, saranno ascoltati lunedì dal giudice delle indagini preliminari, dottoressa Paola Petti.
Come i lettori ricorderanno, su richiesta della Procura della Repubblica di Civitavecchia, il Gip aveva ordinato l’arresto nei confronti di Domenico D’Alterio (50enne) e della sua compagna Maria Iodice (35enne), entrambi residenti a Civitavecchia ma originari del napoletano, per i reati di peculato (art.314 c.p.), esercizio abusivo della professione medica (art. 348 c.p.) e falsità materiale (artt. 477 e 482 c.p.).
I due avevano eseguito, in concorso tra loro, dei finti tamponi su 14 persone al momento accertate e rilasciato altrettanti certificati medici falsi relativi agli esiti dei test naso-faringei per la ricerca del Coronavirus. Due delle 14 persone sottoposte nuovamente al test sono risultate poi positive.
I certificati fasulli erano su carta intestata del San Camillo di Roma e del Campus Bio-Medico sempre di Roma.
Nel corso delle indagini i militari della Stazione Civitavecchia, attraverso le prove testimoniali dei diretti interessati, hanno scoperto come Marina Iodice, infermiera presso la Asl di Civitavecchia, si fosse appropriata del materiale e della strumentazione medica (sacche per urina, rotoli di garza, lacci emostatici, provette, siringhe, cateteri e medicinali di ogni genere) forniti, presumibilmente, dalla farmacia interna dell’ospedale ai vari reparti tra cui quello d’ortopedia dove la donna è in servizio.
L’indagine nasce dall’incertezza di una signora, dipendente presso la società “Consorzio Stabile Euro Global Service G. A.”, che leggendo il referto consegnatole dal D’Alterio via mail ha dei dubbi e vuole vederci chiaro. Si rivolge così al cognato che lavora proprio presso il San Camillo di Roma e gli chiede delucidazioni. Niente. Quel referto non lo ha trovato il cognato né tantomeno il laboratorio analisi che aveva emesso quel referto (risultato poi falso). Sono iniziate così le indagini interne.
L’11 settembre la dottoressa Simona Ursino, dirigente presso la ASL RM4 nel reparto profilassi e malattie infettive, avvisata dai colleghi di Roma, ha segnalato ai carabinieri il sospetto su possibili referti “fasulli” rilasciati da persone che, nel frattempo, erano state già identificate dai medici del San Camillo.
I carabinieri hanno notiziato la Procura e iniziato a raccogliere le prime informazioni; ascoltato i primi testimoni; ricostruito alcuni passaggi e trovate le prime prove e decidono di tendere una trappola all’operatore socio sanitario, quindi neanche infermiere, Domenico D’Alterio.
Un carabiniere donna si è messa il camice e lo ha atteso insieme alla dirigente del reparto analisi del San Camillo. Dopo i primi convenevoli e le prime ammissioni sono entrati in scena i carabinieri, questa volta in divisa, che hanno iniziato le perquisizioni e denunciato a piede libero i due fidanzati.
Il “finto” medico di origini napoletane ha parzialmente ammesso di aver fatto il tampone alla donna che prestava servizio presso il consorzio “Consorzio Stabile Euro Global Service G. A.”.
Le persone sottoposte a tampone hanno riconosciuto D’Alterio e segnalato la foto dei tamponi pubblicata sul profilo facebook dell’azienda per la quale lavorano.
Occorre ricordare però che, né gli ospedali chiamati in causa né tantomeno i carabinieri, sono riusciti a recuperare alcun tampone. Non erano in macchina, non erano in casa e quindi rimane solo il racconto dei testimoni.
Ci sono i referti, quelli sì ma i tamponi no. Non si trovano. Non c’è traccia da nessuna parte.
Poi la notizia choc che rischia di stravolgere le indagini uscita direttamente dalla bocca del direttore generale della ASL RM4 Giuseppe Quintavalle che, ai microfoni di una tivvù locale, smentisce anche i suoi dirigenti: “Nessun furto di tamponi all’ospedale San Paolo di Civitavecchia. Ne siamo venuti a conoscenza – ha detto Quintavalle – tramite questa persona che ha chiesto indicazioni al San Camillo e poi a noi della Asl Roma 4 su un esito di tampone appena effettuato che non la convinceva. Una volta capito che c’era qualcosa che non andava, ci siamo rivolti ai Carabinieri. Posso dire che i tamponi che questa coppia effettuava non proveniva dal San Paolo. Non c’è stato furto di tamponi al San Paolo – ha concluso – visto che i signori in questioni usavano tamponi falsi, con provetta e scovolino, sfruttando il fatto che molti non sanno come è fatto un tampone. I tamponi reali del San Paolo sono tutti tracciati”.
Se le cose stanno così e il lavoro dei carabinieri smentito dall’Ospedale, da dove arrivano questi tamponi?
Civitavecchia – Truffa falsi tamponi, arrestati l’infermiera con il compagno