In tre anni tre Governi. Nonostante sia certificata la sua incapacità la sinistra prova ad un Ter che sarebbe il primo nella storia
Domani martedì 26 gennaio Giuseppe Conte si dimetterà da presidente del Consiglio. Dopo un passaggio in Consiglio dei ministri (convocato per le 9), il capo del governo salirà al Quirinale per rimettere l’incarico nelle mani di Sergio Mattarella.
L’appello ai responsabili e i tentativi di mediazione dell’ultimo minuto non sono bastati per far rientrare la crisi voluta da Matteo Renzi, tanto che il premier ha ritenuto di non avere i numeri sufficienti per affrontare il voto in Aula sulla relazione del ministro della Giustizia. La strada, indicata dalle stesse forze di maggioranza, è quella di far partire le consultazioni e lavorare quindi per un Conte ter: sia Pd che M5s hanno già detto come Giuseppe Conte sia l’unico punto di equilibrio possibile, anche se a Palazzo Chigi non nascondono i timori che la leadership possa essere messa in discussione. In tarda serata Pd e M5s hanno riunito separatamente i rispettivi ministri per fare il punto della situazione ed elaborare una strategia comune per le prossime ore.
Tra i primi a parlare c’è stato il segretario Pd Nicola Zingaretti: “Con Conte per un nuovo governo chiaramente europeista e sostenuto da una base parlamentare ampia, che garantisca credibilità e stabilità per affrontare le grandi sfide che l’Italia ha davanti”, ha scritto su Twitter. E di fatto ha ricalcato le parole pronunciate in mattinata all’emittente dem Radio Immagina, quando ha accusato Matteo Renzi di aver aperto “una crisi al buio” e ha ribadito che i dem intendono ripartire con Conte: “E’ il punto di equilibrio in questo momento più avanzato. Ha preso la fiducia 4 giorni fa e io sfido chiunque a dimostrare che qualcun altro può superare quella soglia”. Proprio dal Pd oggi sarebbero arrivate le spinte per far salire Conte al Colle e passare dalle dimissioni: una richiesta che fonti interne del partito hanno smentito, ma che da alcuni giorni viene ritenuta l’unica possibilità per riuscire a convincere i cosiddetti “responsabili” a sostenere un nuovo esecutivo.