Il Garante dei detenuti, Anastasìa: “Questa situazione non può proseguire ancora per mesi, in attesa che arrivi il vaccino o che si ammalino tutte le persone detenute”
ROMA – “Sono 110 i detenuti positivi questa mattina nella Casa circondariale di Rebibbia Nuovo complesso. Il fatto che la grande parte di essi siano asintomatici e non abbiano bisogno di assistenza sanitaria, se non del monitoraggio costante delle loro condizioni di salute, non toglie nulla alla gravità della situazione, che comporta rischi per la salute dei detenuti, del personale penitenziario e di quello sanitario operante nell’Istituto”.
Lo comunica il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa. Secondo l’assessorato regionale alla Sanità, lunedì scorso erano 51 i detenuti positivi al Covid-19 nei 14 istituti di pena del Lazio.
“Lo ripetiamo quotidianamente – prosegue Anastasìa -: le carceri sono luoghi a rischio per la diffusione della pandemia. Le loro condizioni igieniche e di sovraffollamento, unite alle condizioni di salute dei detenuti, ne fanno ambienti in cui il virus ha grande facilità di diffusione, nonostante gli sforzi profusi dal personale sanitario e penitenziario e dalla sempre maggiore consapevolezza dei detenuti sulle misure di prevenzione individuali da adottare. Questa situazione non può proseguire ancora per mesi, in attesa che arrivi il vaccino o che si prendano il Covid tutti i detenuti. Servono iniziative e disposizioni immediate, a partire dalla scarcerazione di tutti coloro che possano beneficiare di alternative al carcere e dei detenuti in attesa di giudizio per reati non violenti, in modo che si possa gestire nel migliore dei modi l’isolamento, il monitoraggio e l’assistenza di chi contrae il virus in carcere. Serve il vaccino subito, come è stato fatto nelle cinque Residenze per le misure di sicurezza (Rems) del Lazio”.
“Abbiamo apprezzato il riconoscimento da parte del Commissario Arcuri della necessità di procedere quanto prima alla vaccinazione dei detenuti e del personale penitenziario operante a diretto contatto con loro, ma è necessario – conclude Anastasìa – che questa affermazione si traduca in disposizioni alle regioni per la programmazione del prosieguo della campagna vaccinale”.