Dante Alighieri e quelle citazioni di Corneto nella Divina Commedia
TARQUINIA – Ricorrono quest’anno i settecento anni dalla morte del sommo poeta Dante Alighieri. Dal 2020 il 25 marzo è diventato ufficialmente il “Dantedì”.
Secondo gli studiosi, infatti, proprio il 25 marzo Dante Alighieri inizia la sua discesa agli inferi: il 25 marzo sarebbe proprio la data che i dantisti riconoscono come l’inizio del viaggio nell’aldilà descritto letterariamente nella “Divina Commedia”.
Quest’anno il Dantedì ha una valenza simbolica ancora maggiore, proprio perché cade in occasione del settimo centenario della morte del padre della lingua italiana.
Nella sua vita (1265-1321) Dante viaggiò e visse in luoghi diversi. Firenze, che lo vide nascere e poi lo esiliò; Verona che prima lo ospitò e poi lo lasciò andare, e Ravenna, che lo accolse fino alla fine dei suoi giorni. Con nel mezzo tappe a Roma, Arezzo, Pisa, Bologna e Forlì. Ma il padre della “Divina Commedia” deve aver conosciuto molto bene anche Tarquinia, tanto che la città ha sicuramente un debito di riconoscenza verso il poeta fiorentino che nella sua opera più importante cita, per ben due volte, la città di “Corneto”, nome di Tarquinia nel periodo medievale.
La prima citazione si trova alla fine del XII Canto dell’Inferno quando, tra i personaggi che popolano il girone, viene inserito anche tale “Rinieri da Corneto”, un bandito che derubava tutti quelli che attraversavano la bassa Maremma e l’Agro romano.
“…La divina giustizia di qua punge quell’Attila che fu flagello in terra e Pirro e Sesto; e in etterno munge le lagrime, che col bollor diserra, a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo, che fecero a le strade tanta guerra”.
La seconda citazione di Corneto, più nota e riportata, è all’inizio del canto successivo, il XIII canto dell’Inferno, quando Dante e Virgilio arrivano nel bosco delle arpie che è talmente intricato che il poeta lo paragona alla Maremma tosco laziale, delimitandola geograficamente e ponendo come limite al nord il fiume Cecina e al sud Corneto.
“Non era ancor di là Nesso arrivato, quando noi ci mettemmo per un bosco che da neun sentiero era segnato. Non fronda verde, ma di color fosco; non rami schietti, ma nodosi e ‘nvolti; non pomi v’eran, ma stecchi con tosco: non han sì aspri sterpi né sì folti quelle fiere selvagge che ‘nodio hanno tra Cecina e Corneto i luoghi còlti”.
Entrambi i versi sono riportati nel luogo simbolo che Tarquinia ha dedicato a Dante Alighieri: la Torre di viale Luigi Dasti, ai piedi dei giardini, intitolata proprio al poeta fiorentino. Nella lapide posizionata sulla torre sono infatti incisi i due celebri versi.
Un omaggio chiaro e pressoché esclusivo quello che il poeta fiorentino rivolge alla città di Tarquinia, attraverso le due citazioni, e che l’amministrazione comunale del sindaco Giulivi certamente non intende dimenticare. Intanto cominciando proprio con il restauro della targa che si erge sulla torre, ormai usurata dal tempo, che nelle prossime settimane sarà sostituita, con l’augurio che presto i turisti possano ricominciare a visitare la città, le sue bellezze e i suoi molteplici simboli culturali dopo questo lungo ed estenuante periodo di pandemia. Ma non solo. E’ in programma per i prossimi mesi un evento specifico dedicato a Dante Alighieri che si svolgerà nella nuova area della biblioteca comunale i cui lavori di restauro sono in fase di ultimazione. Nello specifico sono infatti previste due mostre dedicate, una di Silvestri e un’altra del noto artista di fama internazionale Alessio Paternesi. Quella di Paternesi, in particolare, è una mostra che rientra in un preciso circuito dedicato a Dante Alighieri che tocca diverse città italiane, tra le quali figura anche Tarquinia. La mostra, curata dal giornalista Beniamino Mechelli, prevede l’esposizione delle più importanti opere di Paternesi (nato a Civita Castellana nel 1937) come le sculture in bronzo dorato raffiguranti i personaggi mitologici della Divina Commedia (plasmati per la Società Dante Alighieri, una delle più importanti istituzioni culturali d’Italia, le cui sedi sono disseminate in tutto il mondo); e i dipinti, circa una trentina, ispirati alla Divina Commedia da cui ha preso vita la mostra itinerante dal titolo “Indovina la Commedia”.