VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo – Alla fine dell’anno si è soliti fare un bilancio e un riassunto di come i vari comparti agricoli hanno vissuto e affrontato in particolare l’aspetto climatico e con quali risultati. Crediamo, visto il continuo succedersi di avversità per ogni stagione del 2021, culminate con la purtroppo memorabile gelata di aprile, del tutto superfluo dare conto di quanto può essere accaduto nelle campagne. I 100/120 milioni di minori entrate solo nel settore corilicolo viterbese bastano per averne un’idea. Preferiamo guardare oltre il 2021, cercando, per l’ennesima volta, di convincere noi stessi di essere più forti e più tenaci del clima, o dell’invasione senza più freno dei cinghiali, dei lupi e dei daini, o di inchieste televisive che vengono nella Tuscia a raccontare situazioni che non esistono. A fine 2021 possiamo solo ribadire che fare l’agricoltore per davvero, essere agricoltori professionali è diventato duro. Più duro del 2020. E ogni anno diventa più difficile del precedente esserlo. Perché è facile contrapporsi a noi. Siamo pochi in assoluto ma sempre tanti per poterci organizzare economicamente (l’agricoltura è tra l’altro l’unico settore che non può decidere i prezzi dei suoi prodotti). Siamo divisi minimo in tre sigle sindacali che spesso non condividono lo stesso pensiero. Una delle conseguenze, con effetti chiari ed evidenti anche in questi giorni, è l’ assurda situazione degli allevamenti, che hanno raddoppiato i costi di produzione, ma non si vedono riconosciuti, da grande distribuzione e aziende trasformatrici, nemmeno un centesimo in più sul prezzo di vendita dei loro prodotti. Entro pochi mesi scompariranno dalla Tuscia, strozzati da una folle e ingiusta struttura dei prezzi, gli ultimi sessantacinque allevamenti di bovini da latte ancora in attività, a fronte dei settecento presenti trenta anni fa. Sarebbe un durissimo colpo, per le sue profonde implicazioni, su tutta l’agricoltura e l’economia viterbese. Il tempo per intervenire è minimo, il conto alla rovescia è già cominciato. Confagricoltura Viterbo-Rieti è schierata al fianco degli allevatori dell’alto Lazio, pronta a cercare e a sostenere ogni iniziativa che possa portare loro beneficio. Non è però solo il clima o la mancanza totale di equità e giustizia nelle filiere del latte o della carne e in generale di tutti i prodotti agricoli a minacciare l’agricoltura viterbese. In realtà, già nei prossimi giorni il grande pericolo che incombe su tutti noi, agricoltori e non solo, è la scelta del sito che fungerà da discarica delle scorie nucleari. Temo che la Tuscia sia la vittima predestinata. L’ appassionato e meritorio lavoro fatto dai tanti comitati nati per contrastarne la minaccia, (Confagricoltura fa parte di Verde Tuscia della presidente Camilla Nesbitt e dell’encomiabile Stefano Aluffi Pentini) non potrà da solo avere esiti positivi. Gli abitanti tutti, gli amministratori, i rappresentanti istituzionali, gli imprenditori di ogni settore, gli uomini della Tuscia che sono eccellenze nei loro campi, si informino prima di tutto, riflettano su quello che potrebbe accadere e si facciano parte attiva per impedirlo. Qui non si tratta di essere nimby. Qui non si tratta come per l’immondizia di prendere anche quella degli altri; qui si tratta di mettere una pietra tombale sul futuro della nostra terra, nella quale lo Stato invece di investire per ridurre le distanze con le vicine Toscana e Umbria, investe per accentuarlo. Ed in modo definitivo. Anche l’ agricoltura con le sue eccellenze che cominciano a farsi conoscere ed apprezzare sui mercati di tutto il mondo, ed i suoi tantissimi agriturismi, riceverebbe naturalmente un colpo ferale. Per questo un nostro bilancio di fine anno 2021 non può e non deve raccontare se il grano ha fatto trenta o quaranta. Non può limitarsi a questo. I compiti di ognuno di noi sono di più grande responsabilità. Verso la nostra terra e le generazioni future. E Confagricoltura Viterbo-Rieti intende adempierli e farli nel migliore dei modi.
Confagricoltura Viterbo-Rieti