VALENTANO – Riceviamo e pubblichiamo: A Valentano è stato ucciso a colpi di fucile un pastore del Caucaso di appena 13 mesi di proprietà di una famiglia di Valentano.
Il cane, una bellissima femmina di nome Athena, si era allontanato da casa la mattina di mercoledì scorso insieme al suo compagno di giochi, un maremmano, a causa di un guasto del cancello automatico che chiude la proprietà.
Alle 15 era rientrato solo il maremmano, con la coda sporca di sangue. I proprietari si erano allarmati fin dal mattino per ritrovarli, anche attraverso numerosi post sui social, ed hanno continuato a cercare il secondo cane nei giorni seguenti, ma senza alcun risultato.
Solo ieri, domenica 23 gennaio, il cane è stato individuato, morto, in un fosso lungo una strada nel piano di Valentano. Sul corpo del cane i segni devastanti dei proiettili che ne hanno provocato la morte.
Dopo il ritrovamento, qualcuno aveva visto il corpo del cane in quel fosso già da giovedì scorso, ma non si era preoccupato di segnalarlo alle forze dell’ordine.
Da questo episodio gravissimo scaturisce l’urgenza di ricordare la Legge 20 luglio 2004, n.189 sul divieto di maltrattamento degli animali, secondo la quale, all’articolo 544-bis si stabilisce che chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni.
Al momento le indagini sono in corso. E dunque ci si augura che gli autori di questo reato siano assicurati alla giustizia quanto prima. E vigileremo su questo.
Ma ci si domanda anche se non sia giunto il momento di cambiare radicalmente atteggiamento verso un utilizzo troppo disinvolto delle armi in questi territori dove è consentita la caccia.
Domenica mattina, giornata di caccia, durante una escursione in bicicletta da Valentano verso Capodimonte, mi sono imbattuta in una caccia al cinghiale organizzata in località I Felceti (territorio di Valentano) proprio a ridosso delle case di questa contrada valentanese. I cartelli che segnalavano la battuta di caccia erano posizionati proprio di fronte alle abitazioni, a meno di 4 metri dalle stesse . Eppure la legge dice che la caccia va esercitata a una distanza di 100 metri da case, fabbriche, edifici adibiti a posto di lavoro. Ma purtroppo esiste un malcostume, causato dal mancato controllo sistematico del territorio, secondo il quale i cacciatori sparano a ridosso di case, strade, recinzioni e pertinenze, sentendosi impuniti.
La legge prevede anche che le armi siano trasportate rigorosamente scariche, riponendole nella apposita custodia. E invece i cacciatori che io ho incontrato lungo la strada impugnavano l’arma in mano, proprio di fronte alle suddette case, dunque in un centro abitato.
Sono ormai troppi gli animali domestici uccisi da armi da fuoco nel periodo della caccia: galline, gatti, asini, mucche, cani, cavalli. Basta consultare il sito dell’Associazione Vittimedellacaccia.org per leggere gli ultimi dossier di quello che appare come un vero bollettino di guerra.
Per non parlare poi delle vittime umane: la stagione scorsa si è chiusa con 14 morti e 47 feriti, di cui 18 persone, fucilate da cacciatori, erano completamente estranee alla caccia.
Bisogna cominciare a non tollerare più questi abusi. E’ necessario un cambio di passo: anche il pastore che vede un cane morto per strada e non lo segnala a chi di dovere fa parte dello stesso malcostume. Il malcostume di considerare gli animali come oggetti e strumenti di lavoro e non come esseri senzienti con diritti tutelati. E il malcostume di credere che i cacciatori siano davvero impuniti e possano circolare liberamente tra i nostri territori compiendo qualsiasi omicidio senza conseguenze.
E’ necessario che chi non può difendersi sia difeso da chi può farlo: da noi tutti, con le parole, con le denunce, con le segnalazioni. Lo dobbiamo alla giovane e dolce Athena, uccisa gratuitamente, e a tutti coloro che subiscono la violenza di un’arma.
Lettera firmata