TERNI – Gli incendi negli impianti di raccolta e trattamento dei rifiuti cominciano ad essere troppi e qualcuno invoca l’intervento della Commissione parlamentare Antimafia.
Nel giro di due mesi è il secondo impianto controllato dalla multiutility del comune di Roma che brucia in circostanze improvvise e misteriose.
L’incendio divampato attorno alle 15.40 di ieri pomeriggio continua a far preoccupare i cittadini di Terni.
Le operazioni di spegnimento sono andate avanti per tutta la notte e al momento la situazione sembra tornata alla normalità.
Anche se le Autorità hanno disposto la chiusura delle scuole in attesa dei primi dati di Arpa Umbria sui possibili effetti dell’incendio sull’ambiente.
Le indagini vanno avanti ed al momento nessuna pista viene esclusa. L’autorità giudiziaria ha acquisito le immagini del sistema di videosorveglianza aziendale relative ai quattro giorni precedenti all’incendio.
In attesa degli sviluppi sull’origine dell’incendio e sulle eventuali ricadute sull’ambiente, va sottolineato come l’impianto Ferrocart di Terni da quasi due anni è di proprietà di Acea.
La partecipata di Roma Capitale è subentrata alla Biondi recuperi di Perugia che di incendi se ne intende. Un impianto gestito dalla Biondi, infatti, nello specifico lo stabilimento a Balanzano, è andato a fuoco due volte in 15 mesi.
In una relazione alla Camera dei deputati è emerso che: “Il prefetto di Perugia nell’audizione del 27 marzo 2019 ha così descritto i termini essenziali dell’evento (l’incendio verificatosi il 10 marzo 2019, intorno alle 17.00, all’interno dell’impianto di trattamento dei rifiuti della Biondi Recuperi Ecologia s.r.l. di Ponte San Giovanni, frazione di Perugia): La società Biondi Recuperi appartiene per un 50 per cento alla Ondulsud, con sede a Roma, e per il restante 50 per cento alla Ferrocart s.r.l., con sede a Terni. Il legale rappresentante è Daniel Mazzotti, che è stato deferito all’autorità giudiziaria, a seguito dell’incendio, per irregolarità ambientali”.
Il consigliere regionale umbro del Movimento 5 Stelle, Thomas De Luca, ha dichiarato: “Cinque incendi in due anni in Umbria in impianti legati alla filiera dei rifiuti e del riciclo. Terni, Perugia e Trevi. Invierò una richiesta formale alla commissione antimafia per una calendarizzazione urgente di audizioni su questa preoccupante situazione che sta interessando la nostra regione.
La superficialità con cui Arpa, Regione e comuni hanno trattato questi eventi è inaccettabile. Eventi che non solo hanno un grave impatto sulla gestione dei rifiuti ma anche direttamente sulla salute pubblica.
Eventi che costantemente vengono minimizzati e liquidati come autocombustione accidentale, o causata una volta da un accendino, l’altra da una pila. Non c’è dubbio che cominciano ad essere troppi gli incendi negli impianti di raccolta e trattamento dei rifiuti”.
Giusto chiedersi il perché si moltiplicano gli incendi negli impianti di smaltimento e trattamento di rifiuti ma è anche giusto chiedersi, anche se lontani territorialmente, come mai nel giro di poco più di due mesi vengono colpiti dalle fiamme due impianti gestiti dallo stesso soggetto. Pura casualità?
Il 12 dicembre 2021 si è sviluppato un incendio nella ditta Demap di Beinasco, in Piemonte.
L’edificio andato a fuoco è di circa 800 metri quadri con all’interno materie plastiche. L’impianto, dal luglio del 2019, è di Acea. Così si legge sul sito della partecipata di Roma Capitale: “Acea entra nel comparto del trattamento plastiche. Il Gruppo ha acquisito il 90% del capitale della Demap, proprietaria di un impianto autorizzato a lavorare 75.000 tonnellate annue”.
Ormai le acquisizioni di Acea nel settore rifiuti si stanno moltiplicando.
Nel Lazio, per gestire buona parte dei rifiuti di Roma, la Giunta regionale ha attivato il trasporto degli stessi, tramite accordo con la regione Abruzzo, dalla capitale a Chieti andata e ritorno. Nell’impianto DECO, di proprietà Acea. Con un incremento importante dei costi che gravano sulle già tartassate tasche dei cittadini. Nel campo delle discariche, poi, è recente il via libera per il contestatissimo sito di Magliano Romano. Iter partito da Idea4 che ha ceduto a Berg che è stata acquistata da Acea.
Visto quanto successo in Umbria e Piemonte negli impianti acquisiti da Acea, sarebbe consigliabile un accurato controllo sugli impianti che la partecipata del comune di Roma acquista, sia se gli stessi vengono gestiti direttamente da Acea, sia se restano in gestione a soggetti terzi.
Nel corso della mattinata Arpa ha prelevato i filtri delle centraline e il filtro di ecoemergency nonché i deposimetri per le analisi chimiche di laboratorio per la determinazione dei micro inquinanti (diossine, IPA e metalli). Sempre Arpa ha eseguito la simulazione modellistica sulla base dei dati relativi all’incendio per valutare le zone di maggiore ricaduta degli inquinanti al suolo. Dal modello emerge che la zona di maggior impatto è relativa al quadrante Nord-Est ed interessa principalmente la zona di Borgo Rivo e aree della città poste più a nord oltre in maniera minore aree del territorio poste in direzione sud-est. Sulla base di queste valutazioni l’Arpa, in virtù del principio di precauzione e in attesa degli ulteriori dati relativi alle ricadute dei micro inquinanti atmosferici (diossine, IPA e metalli) ritiene opportuno al momento mantenere l’area di raggio di 3 chilometri dal luogo dell’incendio all’interno della quale dovranno essere rispettati i seguenti divieti: divieto di raccolta e consumo di prodotti alimentari coltivati; divieto di raccolta e consumo di funghi epigei spontanei; divieto di pascolo e razzolamento degli animali da cortile; divieto di utilizzo di foraggi e cereali destinati agli animali.