Nessun dirigente regionale nell’analizzare le carte aveva rilevato le anomalie riscontrate dalla magistratura. Il gestore dell’impianto voleva ripercorrere la gestione post mortem già sperimentata con successo a Malagrotta, con il privato che incassa e il pubblico che spende?
ROMA – Maggioranza governata da Zingaretti nel caos. Dopo il sequestro preventivo della discarica di Roncigliano (Albano Laziale) disposto dal GIP del Tribunale di Velletri, ancora nessuno nella giunta regionale ha spiegato come sia stato possibile non accorgersi (o comunque non eccepire) dell’assenza di un presupposto essenziale di efficacia della prescritta autorizzazione regionale, rappresentato dalle garanzie finanziarie previste per la c.d. gestione post mortem.
Sembra quasi che a via Cristoforo Colombo qualcuno voglia far finta di niente ma, in realtà, ci troviamo di fronte all’ennesimo “buco” prodotto dai dirigenti che si occupano della gestione dei rifiuti e delle autorizzazioni.
Giova ricordare che, sempre sulla discarica di Albano, gli stessi uffici regionali hanno completamente ignorato anche la presenza di due interdittive antimafia pendenti sulla società proprietaria del sito che, per aggirare le stesse (come ribadito anche dal recente parere dell’avvocatura regionale), ha chiesto e ottenuto la voltura per la gestione dell’impianto.
Anche in questo caso i dirigenti regionali non hanno rilevato un grave vizio e solo il nostro articolo pubblicato un mese fa, unito all’interessamento della Commissione Trasparenza presieduta da Chiara Colosimo, ha permesso di portare alla luce la clamorosa svista della Giunta regionale.
Il sequestro della Procura di Velletri pone una serie di interrogativi. Nel comunicato degli inquirenti si legge “Senza quelle garanzie, in caso di cessazione sopravvenuta dell’impresa che gestisce la discarica, intervenuta a qualsiasi titolo e ben possibile nell’arco di 30 anni, i costi ambientali di manutenzione post mortem dovrebbero inevitabilmente ricadere su soggetti pubblici a livello territoriale, non ostante l’avvenuto incameramento preventivo delle necessarie risorse economiche ad opera del privato”.
Queste parole non lasciano dubbi sul fatto che i magistrati hanno voluto impedire che sull’impianto di Albano Laziale si verifichi quanto successo in tempi recenti a Malagrotta, con un soggetto privato (Cerroni che, al netto delle discusse e discutibili volture gestisce in qualche modo anche la discarica di Roncigliano) che ha incassato per smaltire rifiuti, ma con Stato e regione costrette a sobbarcarsi i costi (circa 500 milioni) per la gestione post mortem della discarica.
I dirigenti regionali che si occupano della gestione rifiuti e delle autorizzazioni impiantistiche nella regione Lazio in questi ultimi mesi non sono stati in grado di verificare la correttezza e validità di atti che incidono in maniera pesante sia sulle economie regionali che sulla salute dei cittadini.
E’ inspiegabile come, sulla discarica di Roncigliano, non siano stati in grado di accorgersi del fatto che sulla proprietà della discarica pende una pesantissima interdittiva antimafia e che negli atti autorizzativi era completamente assente la fideiussione per le garanzie finanziarie previste per la c.d. gestione post mortem.
Due errori clamorosi che non possono non portare a conseguenze. Gli assessori Valeriani (che continua a disertare le Commissioni in cui si affronta il delicato tema dei rifiuti) e Lombardi (che non può far finta di nulla, dall’alto del suo assessorato alla “Transazione Ecologica”, sulle continue “stranezze” che emergono nelle autorizzazioni) devono intervenire con urgenza e mettere mano alle due delicate Direzioni del Ciclo dei Rifiuti e Ambiente della regione Lazio. Anche segnalando a chi di dovere eventuali criticità e anomalie riscontrate.
Siamo, quindi, di fronte all’ennesima figuraccia targata PD nella gestione rifiuti con Gualtieri che, dopo la Raggi, firma un’Ordinanza per il conferimento dei rifiuti ad Albano, con il direttore Vito Consoli che non revoca le autorizzazioni (anzi, invece di revocare ha avviato la revisione dell’AIA), e con l’Avvocatura regionale che bacchetta pesantemente gli uffici della Giunta dichiarando che con le volture da Pontina Ambiente (Cerroni) a Ecoambiente è stata aggirata l’interdittiva antimafia.
Quanto da noi sostenuto nell’inchiesta giornalistica ha trovato conferma nel provvedimento della Procura di Velletri.
Il provvedimento con cui la Regione Lazio ha autorizzato il VII invaso della discarica di Roncigliano è caratterizzato da una “macroscopica illegittimità” e per chi l’ha sfruttato al fine di mandare avanti l’attività va escluso “lo stato di buona fede”.
Lo sostiene il gip del Tribunale di Velletri, Ilaria Tarantino, nel decreto con cui ha disposto il sequestro preventivo della discarica di Albano, dove dall’estate scorsa, nonostante le proteste dei cittadini dei Castelli Romani e del litorale per quell’impianto chiuso e tornato a nuova vita, vengono smaltiti i rifiuti di Roma.
Il procuratore capo Giancarlo Amato e il sostituto Giuseppe Travaglini hanno indagato, con l’accusa di gestione di rifiuti non pericolosi in assenza di autorizzazione, l’ingegnere Pierpaolo Lombardi, amministratore delegato di Ecoambiente, la società che da tempo gestisce anche la discarica ormai esaurita di Latina e che tre anni fa ha stipulato per Albano un contratto di affitto di ramo d’azienda con la Pontina Ambiente, entrambe società legate in passato all’arcipelago di Manlio Cerroni. Sempre Pierpaolo Lombardi è responsabile della discarica di Viterbo a Monterazzano.
Il manager è stato indagato per non aver prestato le garanzie finanziarie necessarie per assicurare che, una volta chiuso un impianto, si provveda alla bonifica e che tali costi non finiscano per ricadere sui cittadini. I dubbi maggiori dei magistrati, alla luce delle indagini svolte dalla Guardia di finanza di Velletri, ricadono sull’operato della Regione.
La Ecoambiente avrebbe incassato per smaltire i rifiuti le somme previste sia per la gestione dell’impianto dopo la chiusura che per la garanzia finanziaria prestata: 13,925 euro a tonnellata.
Sulle garanzie, gli inquirenti precisano che se “non fossero state prestate risulterebbe viziata ab origine l’autorizzazione alla gestione della discarica e si aprirebbe lo scenario a una diversa ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione, oltre che una loro possibile diversa qualificazione giuridica“. Sulla stessa linea il gip.
Il gip evidenzia che le leggi “non possono essere abrogate da regolamenti regionali o da loro interpretazioni“.
Ora, alcuni ipotizzano che a breve si possa arrivare anche al dissequestro dell’impianto con la presentazione, da parte di Ecoambiente, delle garanzie richieste. La parte più difficile sarà, però, trovare una compagnia che lo faccio ad una società che potrebbe vedersi invalidare gli atti che l’hanno portata a gestire la discarica utilizzando la voltura da una società sottoposta ad interdittiva antimafia.
Altri, invece, sostengono che il proprietario della discarica fosse contrario alla riapertura e la stessa è stata riaperta solo per dar seguito alle Ordinanze della Raggi e Gualtieri. Se così fosse, quando c’è stato da firmare accordi, contratti, ecc, quando c’è stato da incassare fatture e lauti compensi il proprietario della discarica era ancora contrario?
Intanto il fallimento dell’amministrazione Zingaretti porterà a conferire tutti i rifiuti di Roma e del Lazio a Viterbo (sempre in mano a Cerroni), l’unica discarica presente in tutta la regione. In attesa di autorizzare l’ennesimo pastrocchio amministrativo e ambientale con la discarica di Magliano che viene imposta ai cittadini e agli amministratori del territorio con interpretazioni legislative e regolamentari quantomeno dubbie.
Almeno in questo caso Zingaretti, Valeriani e la Lombardi intervengano per tempo e valutino con attenzione l’operato dei propri dirigenti regionali senza nascondersi dietro la frase di circostanza che “la politica non interferisce”.