TARQUINIA – “Avete venduto la nostra Italia, non venderemo le nostre aziende”. “Salviamo l’agricoltura e le nostre famiglie”. “La burocrazia fa più danni della grandine”. “Cambiamo il sistema non i prezzi”. “Stop al falso Made in Italy”. “Meno chiacchiere e più fatti”.
Sono tutti schierati l’uno a fianco dell’altro, con striscioni e bandiere dell’Italia, i trattori degli imprenditori agricoli di Tarquinia che stamani si sono dati appuntamento nel piazzale della cooperativa Pantano e della Centrale ortofrutticola lungo la strada provinciale Porto Clementino.
Un gesto di protesta contro il caro gasolio e i costi delle materie prime arrivati alle stelle che minacciano di mettere in ginocchio uno dei settori trainanti del territorio.
“Siamo costretti a fermarci, – dicono gli imprenditori agricoli di Tarquinia che hanno deciso di scioperare contestualmente al settore dell’autotrasporto e della pesca in mobilitazione a Civitavecchia – Il gasolio è arrivato alle stelle e le nostre forniture sono diventate insostenibili – spiegano gli agricoltori – purtroppo questa è la nostra fine. Vorremmo che il nostro governo ci ascoltasse, visto che tutto l’anno ascoltiamo loro, con nuove direttive, nuovi fascicoli nuovi quaderni di campagna. Vorremmo vedere loro al posto nostro, se avessero un Paese che non li rispetta, non li aiuta e non li ascolta, cosa avrebbero fatto”.
L’appello è esteso agli altri agricoltori del territorio ad unirsi a Tarquinia per una protesta corale. Un grido di aiuto, quello degli agricoltori, pacifico ma deciso, in uno schieramento di mezzi agricoli presidiato dalle forze di polizia, nella speranza che arrivino quanto prima risposte concrete. Due anni da incubo per il settore agricolo: dalla pandemia al conflitto in Ucraina, che ha fatto lievitare i prezzi del cibo, con il costo delle materie prime, già prima della guerra, arrivato ad un aumento che va dal 50% al 150%.
Nei giorni scorsi in proposito Coldiretti Lazio ha chiesto alla Regione il riconoscimento dello stato di crisi del settore agricolo.
L’intera filiera è in crisi: dalla zootecnia che non riesce più a sostenere i costi per l’acquisto dei mangimi per il bestiame e deve fare i conti con le speculazioni, all’ortofrutta con i prezzi del gasolio agricolo triplicato per i trattori, così come per i fertilizzanti. Dal florovivaismo che necessita di scaldare le serre e fa fatica a saldare le bollette dell’energia elettrica e gas ormai lievitati, al grano che ha messo a segno un aumento del 40,6% in una settimana per un valore ai massimi da 14 anni di 12,09 dollari per bushel (27,2 chili) che non si raggiungeva dal 2008. Non è esclusa la pesca con i prezzi del gasolio arrivato a +90, che costringe i pescherecci italiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite. Tutto questo favorisce anche l’importazione di prodotti stranieri.