VITERBO – In un villaggio c’era un uomo che nessuno osava contraddire mai, qualunque fosse la discussione in cui s’intrometteva. E l’ultima parola doveva essere sempre la sua.
Lui credeva che ciò accadesse per via della validità delle sue argomentazioni, avvalorate ancor di più dalla sua forbita eloquenza e rafforzate oltremodo da una capacità oratoria senza pari (anche se balbuziente).
In realtà, tutti lo lasciavano sempre stare perché… era LO SCEMO DEL VILLAGGIO!
Viterbo da alcune settimane ha finalmente ritrovato il suo scemo del villaggio. A differenza di quello del paese che parlava (logorroico) questo scrive. Pontifica. Offre perle di saggezza. Non c’è mattina che non cerchi di mettersi in mostra pensando di essere il Re di questa città.
Peccato però che possiede anche un’altra caratteristica. Questa assai peggiore. Porta sfiga. Tanta ma tanta sfortuna a tutti quelli che osanna con i suoi scritti. Chiunque cada nella benevolenza della sua penna, pardon tastiera, è destinato al naufragio.
Porta maglioni improponibili come le sue camice. Gira con un mazzo di chiavi stile San Pietro. Mancava questo pezzo di virtù alla decadente Viterbo. Adesso è come la tombola di San Flaviano: “piove ha spiovuto la tombola cià ri c’è“. Il 27 giugno vediamo chi fa tombola.
(Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale)