VITERBO – Un’intercettazione potrebbe far riapre il caso sulla morte di Attilio Manca, l’urologo siciliano, dipendente dell’ospedale di Belcolle, morto nella notte tra l’11 e il 12 febbraio 2004.
L’intercettazione ambientale, risalente al 2003, in cui gli uomini del boss latitante Bernardo Provenzano dissero che a quel medico “andava fatta una doccia”, è stata pubblicata da AntimafiaDuemila in un articolo firmato da Tobias Follett e Antonella Beccaria. Secondo i due giornalisti, negli ultimi mesi del 2003 i pm avevano piazzato microspie in una masseria in cui si trovava lo stesso Provenzano con sei o sette suoi uomini che avrebbero, nel corso della giornata, ripetuto la loro condanna a morte. Provenzano era malato, aveva un tumore alla prostata e si trovava in Costa Azzurra in attesa di un intervento. I suoi uomini si rivolsero a un medico che tuttavia rifiutò di operar il boss.
“Questa intercettazione – scrivono Tobias Follett e Antonella Beccaria – potrebbe ora contribuire alla riapertura delle indagini sulla morte di Attilio Manca”. I genitori dell’urologo da anni attendono giustizia e soprattutto verità sulla morte del figlio. Assistiti dall’avvocato Fabio Repici, lottano per dimostrare che Manca non è morto a causa di una overdose di eroina. Per la madre e il padre il figlio sarebbe stato ucciso da un’iniezione di sostanza stupefacente perché coinvolto a sua insaputa nelle cure a Bernardo Provenzano. L’intercettazione inedita potrebbe ora portare alla richiesta di riapertura delle indagini.
Richiesta che, come ha annunciato nei giorni scorsi l’avvocato Repici, verrà depositata a Roma entro un mese. Questa intercettazione, ha dichiarato all’Agi il legale della famiglia, “è la conferma alle rivelazioni già fatte da numerosi collaboratori di giustizia. Nelle prossime settimane chiederemo un appuntamento al procuratore Lo Voi e consegneremo nelle sue mani una denuncia nella quale compariranno tutti gli elementi raccolti in questi ultimi tempi. La verità sul caso Manca – conclude il legale della famiglia – è nascosta anche fra le pieghe degli archivi giudiziari”. L’avvocato Antonio Ingroia, altro legale della famiglia, spiega: “L’intercettazione risale al 2003. Capisco che all’epoca forse non era possibile individuare Attilio Manca in quelle parole. Ma dopo la sua morte perché nessuno ha agito?”