Indagini a 360°, anche la figlia residente a Roma e i suoi legami con San Basilio, Tor Bella Monaca e la Romanina al vaglio degli inquirenti
SORIANO NEL CIMINO – I carabinieri sono tornati a far visita della moglie di Salvatore Bramucci, il pregiudicato civitavecchiese ucciso domenica scorsa a 50 metri da casa.
Gli uomini della polizia giudiziaria guidati dal magistrato Massimiliano Siddi stanno cercando il covo, il nascondiglio, la “cassaforte” di Bramucci.
Le sue attività illecite gli hanno permesso di accumulare soldi, tanti, spicci che non sono stati ancora ritrovati. Forse trovando il luogo dove l’uomo nascondeva i suoi “guadagni” il movente dell’omicidio.
Al momento le perquisizioni hanno dato esito negativo ma continueranno. Salvatore Bramucci aveva trasformato la casa nella sua roccaforte.
Anche ieri gli uomini dell’Arma sono tornati a Soriano nel Cimino per parlare con la compagna di Bramucci e cercare di capire se possa essere o meno a conoscenza delle sue attività o delle sue amicizie. Cosa assai improbabile.
Al setaccio i rapporti con la criminalità organizzata. Legami vecchi di decenni ma anche legami familiari. Infatti, i carabinieri che stanno indagando sui rapporti che Bramucci aveva con la figlia maggiore, avuta da una relazione precedente all’attuale.
I due non avevano un buon rapporto ma se gli inquirenti vogliono vederci chiaro è evidente che anche la figlia, in qualche modo, possa sapere delle attività illecite del padre.
Gli ambienti romani di Tor Bella Monaca, San Basilio e la Romanina. Triangolo geografico più attivo della criminalità organizzata dove spaccio di droga, estorsioni e usura sono le attività più redditizie erano conosciuti dal pregiudicato civitavecchiese.
Questo però non è sufficiente a giustificare un omicidio. Rimangono in piedi più ipotesi. Qualcuno sostiene che Bramucci, finita di scontare la pena, avesse deciso di smettere con questa vita e trasferirsi all’estero. Uscire una volta per tutte da questo giro. Ma sono solo supposizioni e soprattutto non abbastanza forti da potersi avvicinare al movente dell’azione omicidiaria.
Chi ha commissionato l’esecuzione deve essere uno che conta nell’ambiente. Un livello di criminalità superiore. Un anello sopra alla “manovalanza”. L’attenzione maggiore è proprio sulla formazione che era o quel che è rimasto della “paranza” della quale faceva parte l’uomo assassinato.
Chi era il capo di questa compagnia di persone legate da amicizia, associate in un’impresa a delinquere?
Chi è l’uomo che ha subito lo “sgarro” o è stato “fregato” da Bramucci?
Tra gli amici di Salvatore chi può avere legami così forti con i gruppi camorristici tanto da poter ingaggiare un sicario per farlo uccidere?
Il primo dato importante dell’autopsia sono i fori di entrata e di uscita dei proiettili sparati al volto. Due fori quasi simili (in genere quello d’uscita è molto più grande).
Si parla di colpi a contatto: all’esterno vi è l’impronta a stampo della bocca dell’arma, la ferita e squarciata a forma stellata e presenza dell’affumicatura.
Colpi in vicinanza: la ferita con orletti mascherati dagli aloni di compressione, ustione, affumicatura e tatuaggio. A parte l’alone di tatuaggio che tende sempre a crescere, pur diradandosi, fino a scomparire, tutti gli altri inizialmente crescono di diametro e poi si riducono fino a scomparire.
Colpi a distanza: hanno le caratteristiche generali della ferita con orletti privi di affumicatura e tatuaggio. Si possono considerare “a distanza” dopo i 50 cm circa.
Il medico che ha effettuato l’esame autoptico, la dottoressa Benedetta Baldari, avrà già le risposte a questo anche se, almeno per quel che ci risulta, la Procura di Viterbo non ha nominato un perito balistico per avere queste risposte in modo più preciso. Le ogive dei proiettili sono state ritrovate e quindi sul tipo di arma usata dal sicario gli inquirenti non hanno dubbi ma è facile ipotizzare l’utilizzo di una pistola a tamburo, probabilmente una calibro 38.