Bruna Di Berardino vince in Cassazione: «Hanno speso tanti soldi per farmi chiudere». Una querelle che dura dal 2014. I vigili urbani stangarono la commerciante con oltre 5mila euro
CERVETERI – «Per me è la fine di in incubo ma ci sono voluti tanti anni e il comune di
Cerveteri alla fine ha pagato e non poco in termini economici. Si sono accaniti contro
di me. Chi ci rimette è la collettività».
Non le manda di certo a dire Bruna Di Berardino, residente di Cerveteri. Si sente un po’ come Davide contro Golia ma alla fine può tirare un bel sospiro di sollievo. Nella primavera del 2014 gli agenti della Polizia locale, in occasione della visita alla
necropoli della Banditaccia del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, fecero un verbale di oltre 5mila euro al punto vendita antistante l’ingresso del sito archeologico gestito te si è conclusa giorni fa.
Lo stesso comune cerveterano, guidato dal sindaco Alessio Pascucci, propose un’ordinanza di demolizione per abuso edilizio dell’espositore su due ruote con il quale la
commerciante gestiva l’attività di vendita libri che lei stessa scriveva. E venne avanzata pure la proposta di sospensione della licenza.
Le tappe giudiziarie. Dal Tar si arrivò al Consiglio di stato dove nel primo caso vinse Di Berardino, ma sulla licenza i giudici diedero ragione al Comune. A distanza di tempo è arrivata la sentenza della Suprema Corte di Cassazione sulla multa (la Di Berardino aveva vinto al Giudice di Pace, ma il Comune si era opposto vincendo nel tribunale di Civitavecchia sia in primo grado che in appello) che però entra nel merito anche della vicenda relativa alla licenza aprendo di fatto nuovi scenari.
«Ringrazio l’avvocato Elisabetta Musso del foro di Civitavecchia che ha preso a cuore la causa e mi ha seguito – commenta Bruna Di Berardino – e poi anche l’ex sindaco Gino Ciogli, l’unico a non aver intrapreso nessuna iniziativa nei miei confronti.
Ricordo che la mia attività di editoria e riproduzioni archeologiche era attiva dal 1980.
Sono stata ferma tanti anni per via di questa vicenda. A firmare quella ordinanza comunale fu un funzionario ma Pascucci era il sindaco. Il mio espositore è ancora sul posto, ricoperto dai rovi e dalla polvere.
Non l’ho tolto e non ho abbandonato il punto vendita, ma sono stata costretta a non aprire l’attività dal mancato accoglimento del secondo ricorso al Consiglio di Stato. Farò tutto ciò che è nel mio diritto. Ho lottato e alla fine ho avuto ragione.
Mi dispiace per i cerveterani: il Comune ha speso dei soldi pubblici per cercare di mettermi i bastoni tra le ruote e mi hanno sanzionato ma quella multa per la Cassazione è illegittima».
La vicenda potrebbe non essere finita qui. «Dopo la legge Ronchei le piccole attività che ruotavano intorno ai siti archeologici in Italia sono state penalizzate. La Sovrintendenza pure non ci ha mai visto di buon occhio», conclude Di Berardino.
sentenza di berardino