Termina il digiuno a staffetta dei Garanti territoriali. Appello al Parlamento, per un emendamento al decreto, e alla magistratura di sorveglianza, perché valuti, caso per caso, l’ammissibilità dei meritevoli a misure meno afflittive
ROMA – “Il Governo ha perso l’occasione di fare la cosa giusta: prorogare le licenze straordinarie ai semiliberi che ne hanno goduto ininterrottamente da maggio del 2020 senza incorrere in infrazioni né penali né disciplinari. Salvo chi abbia ottenuto un permesso ordinario per l’ultimo dell’anno, centinaia di persone domani sera, la notte di San Silvestro, dovranno far rientro in carcere inutilmente e ingiustamente. In questo modo, per loro è stato cancellato il principio della progressività nel trattamento penitenziario, un cardine della funzione rieducativa della pena inscritta nell’articolo 27 della Costituzione”. Così il Portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà, nonché Garante della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, al termine, purtroppo senza esiti positivi, del digiuno a staffetta portato avanti per due settimane dai garanti delle persone detenute nominati dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni.
“Ciò non ostante – prosegue Anastasìa – non rinunciamo a rivendicare un atto di giustizia nei confronti di chi abbia risposto positivamente alla fiducia che gli è stata data dalle istituzioni, consentendogli di vivere le proprie giornate interamente fuori dal carcere per più di due anni. Naturalmente, ci appelliamo al Parlamento, affinché nell’esame del decreto milleproroghe introduca una modifica che, seppure a posteriori, possa consentire di ripristinare le licenze straordinarie per i semiliberi. Ci rivolgiamo anche alla magistratura di sorveglianza, perché valuti – caso per caso, come è nei suoi poteri – l’ammissibilità dei semiliberi che in questi due anni hanno usufruito delle licenze straordinarie rispettandone tutte le prescrizioni a misure meno afflittive della semilibertà (affidamento in prova o liberazione condizionale), ripristinando di fatto il principio della progressività nel trattamento penitenziario”.