La nobile, entrata in monastero senza vocazione e sotto costrizione, troverà qui una totalità mai sognata. Riusciva ad intercettare tutti i bisognosi pur non avendo i social. Alle 17.30 Santa Messa officiata dal vescovo Piazza al Monastero di San Bernardino
VITERBO – Lunedì 30 gennaio Viterbo ricorda Santa Giacinta Marescotti con uno speciale sulla vita, le opere e la spiritualità di questa santa tanto amata dai concittadini, raccontata nel video della Diocesi cittadina, che vi proponiamo.
Nata nel castello di Vignanello (Viterbo) nel 1585, dal nobile casato Marescotti – Orsini, Clarice, viene costretta dal padre Marcantonio nel 1605 ad entrare in monastero, dove prese il nome di Giacinta. La giovane, che sognava una famiglia con il marchese Capizucchi (che sposò poi la sorella), non accettava la vita monastica. Le sorelle ricordano la sua entrata con queste parole “entrò in chiesa come se fosse una madama”, tanto era regale il suo aspetto. E alla vita lussuosa Clarice non rinuncia, otre ad indossare un abito di pregiate stoffe, nel monastero viterbese di San Bernardino, anziché vivere in una cella, si fa arredare un intero appartamento nello stile delle sue stanze a Vignanello e ha al suo servizio due giovani novizie.
Solo dopo una grave malattia che la colpì nel 1616 la giovane cominciò a vedere in modo diverso la propria vita, la malattia la getta nell’angoscia comincia così, una volta dimessa, ad abbracciare povertà e penitenza anche corporale, sono note le sue flagellazioni di fronte alle consorelle, oltre all’uso del cilicio per mortificare le carni. Inizia così la sua conversione.
Il profondo cambiamento interiore che l’ha portata a conoscere Cristo e dopo quindici anni abbandonare gli agi scegliendo la modestissima cella dove resterà per sempre.
La sua trasformazione comincia a scombussolare la comunità. Giacinta inizia a prendersi cura delle sorelle malate, servizio che spettava alle monache meno abbienti. Malati, poveri e carcerati diventano le sue principali preoccupazioni, che nonostante il regime di clausura, e senza social, riesce a raggiungere grazie alla rete di informatori che era riuscita a creare. Una Santa “rivoluzionaria” che trovava i modi più originali per raggiungere gli ultimi.
Una volta mandò ad un carcerato un pesce cotto con all’interno una lettera dove parlava dello splendore di Dio.
Riusciva ad intercettare tutti i bisognosi per i quali ha dato vita a due Confraternite, una dedicata ai malati e una ad anziani e inabili al lavoro. “La povertà è una questione sociale e non individuale“. Ripeteva sempre Santa Giacinta. Morirà il 30 gennaio 1640 a soli 54 anni.
Il suo corpo riposa nel Monastero di San Bernardino, luogo che l’ha vista entrare delusa e corrucciata e dove si è realizzata in una totalità mai sognata.
B.F.