“La minestra dei pescatori” detiene la denominazione d’origine comunale e fa parte di un progetto di salvaguardia della pesca e delle tradizioni locali
ANZIO – Una minestra che dal 2020 detiene il marchio Deco (Denominazione Comunale di Origine), come ratificato in consiglio comunale per valorizzare prelibatezze gastronomiche e prodotti d’eccellenza del territorio, che la premier Giorgia Meloni ha voluto assaggiare in prima persona in occasione dell’uscita domenicale di ieri con la sua famiglia. Ad accoglierla, il ristorante “Romolo al porto” con lo chef Walter Regolanti che le ha proposto la sua superba realizzazione fatta con pesci sconosciuti al compratore abituale: la minestra di pesce di Anzio. Un equilibrio realizzato con una tecnica personale per il dosaggio delle verdure del peso di un chilo tra sedano, carota, cipolla, erbe aromatiche miste, olio extravergine e sale con l’aggiunta di ore di intenso lavoro.
“La Minestra dei Pescatori di Anzio, certificata prodotto De.C.O, – è riportato nella descrizione della ricetta – viene preparata con brodo di mazzama, cioè tutte quelle tipologie del cosiddetto pesce povero come sgavaioni, manfroni, zerri, gardonie, tracine, presente nel mercato ittico locale. E’ un piatto prelibato, che si perde nella notte dei tempi, tipico della cucina popolare anziate”. Così la preparavano i pescatori, o quando erano in mare, o quando tornavano a casa dopo aver pescato. “Le piccole barchette pescavano sotto costa ed al rientro trovavano le donne ad aspettare, il pesce veniva messo negli spasini, piccole ceste di vimini. Considerando che non c’era ghiaccio e quindi il pesce doveva essere lavorato subito, quello piccolo, come gli sgavaioni, veniva bollito e con il brodo si faceva la minestra. Fatto il brodo, l’indomani, in una pentola, si metteva aglio, olio, due filetti di acciuga di porto d’Anzio, alcuni pomodorini di essiccativa, quindi, sfaldata l’acciuga, si aggiungevano i pomodorini, dopo qualche minuto, il brodo di pesce veniva filtrato e si portava il tutto ad ebollizione; nel frattempo si prendevano gli spaghetti, quelli recuperati dal cartoccio già spezzati, se non bastavano se ne prendevano altri e si spezzavano. Da sottolineare che gli spaghetti venivano venduti in cartocci da un chilo e le nostre mamme recuperavano la pasta spezzata, che poi utilizzavano nella minestra. Portata a cottura, la pasta si scodellava, con l’aggiunta di una grattata di pecorino. Questa minestra fatta dai pescatori, soprattutto nelle sere d’inverno per riscaldarsi un po’, era molto economica ed alla portata di tutti perché spesso il pesce piccolo veniva regalato. La tradizione portodanzese prevede l’aggiunta di pecorino. I pescatori, nel brodo di pesce, mettevano anche del pane spezzato”.