ROMA – E’ stato confermato dalla Cassazione il diritto di Ugo Sposetti, ex tesoriere dei Ds e parlamentare di lungo corso, ad essere risarcito per i danni da diffamazione subiti in seguito alla pubblicazione di un articolo su un settimanale nell’aprile 2011.
Nell’articolo si scriveva che mentre a Montecitorio, giovedì sette aprile verso mezzogiorno, si votava sul ‘processo breve’ a Silvio Berlusconi, provvedimento osteggiato dai ‘dem’, Sposetti era uscito dalla Camera “per infilarsi in una gelateria” insieme al “reuccio della sanità laziale” Giampaolo Angelucci. Per la Suprema Corte, infatti, tale affermazione “è pacificamente falsa”.
Ad avviso dei supremi giudici, infatti, la Corte di appello di Roma – nel suo verdetto del 2020 – “ha accertato un preciso contenuto dell’articolo incriminato nel senso dell’affermazione inequivoca che l’on. Sposetti si trovava fuori dall’Aula e intento a conversare con Giampaolo Angelucci, ‘mentre si votava’ “. “Tale espressione è del tutto inequivocabile – affermano gli ‘ermellini nella sentenza 6179 depositata oggi – e non può essere riferita a mere discussioni, interventi e dichiarazioni di voto e quindi non può che essere letta, come hanno fatto correttamente i giudici del merito, nel senso che l’onorevole Sposetti non aveva votato”. “Cosa oggettivamente e pacificamente falsa, come documentalmente e incontestabilmente dimostrato”, sottolinea la Cassazione ricordando che dai verbali della seduta della Camera, di quel lontano sette aprile, risulta che “il senatore Sposetti aveva partecipato a tutte e quattro le operazioni di voto”.
Sia in primo che in secondo grado, l’entità del risarcimento per “danno morale” – sulla quale la Cassazione non ha avuto nulla da obiettare – è stata fissata in ottomila euro in considerazione del fatto che “la diffamazione aveva colpito la figura di un politico di lungo corso che rivestiva un ruolo delicato nel suo partito”. Sposetti si era lamentato per le “conseguenze lesive della sua reputazione presso i lettori” per essere stato raffigurato come “un parlamentare renitente alla disciplina di partito, e che si sottrae a un voto parlamentare su di una legge fortemente contrastata dalla sua parte politica”.