«Una rivoluzione». Così il senatore Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, ha definito il ddl sulla riforma della diffamazione a mezzo stampa che ha presentato, come primo firmatario, con Giacomo Caliendo e Lucio Malan, capogruppo dei senatori di FdI.
Sono anni che il Parlamento cerca di cambiare la famigerata legge 47 del 1948 senza riuscirci.
L’ultima volta la scorsa legislatura, quando proprio al Senato un Comitato ristretto nella Commissione Giustizia, del quale facevano parte l’ex senatore azzurro Caliendo, in qualità di presidente, e lo stesso Balboni avevano già elaborato il ddl che ora viene riproposto. Caliendo, che da magistrato ha seguito almeno 600 processi contro giornalisti, è stato chiaro: «Vogliamo evitare che siano previste condanne penali per il giornalista. Ci siamo mossi prima del pronunciamento del Consiglio d’Europa contro il carcere per i giornalisti. Ed è la quinta legislatura che ci proviamo». Ma perché il provvedimento è una «rivoluzione»?
Basta leggere l’articolo uno del ddl che prevede il diritto alla rettifica. Caliendo spiega che «se la rettifica viene fatta nei termini previsti dalla legge, nella medesima collocazione dell’articolo che riguarda il diffamato, questa rende non punibile il giornalista». Quello che è importante resta «la previsione di non punibilità con una pena detentiva per il giornalista visto che si tratta di un reato di opinione», spiega Balboni. Il senatore di Fratelli d’Italia sottolinea che «la pena pecuniaria per il giornalista viene adeguata dal ddl. Ma già oggi, per i reati perseguibili con querela, se si risarcisce il danno prima dell’apertura del dibattimento, scatta una causa di non punibilità. Il giudice dichiara il reato estinto perché il danno è riparato». «La stampa – conclude il senatore di FdI – è un pilastro importante della nostra democrazia. Per questo il giornalista deve svolgere il suo lavoro senza il timore di dover avere delle conseguenze anche gravi sul piano personale». Il ddl prevede il diritto all’oblio che permette di non far circolare contenuti diffamatori nel tempo.