E’ legittima la delibera con la quale la Regione Lazio il 3 maggio 2022 ha dettato disposizioni relative alle attività di tatuaggio e piercing. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto da Confestetica.
Con il provvedimento contestato, la Regione ha stabilito, tra l’altro: gli indirizzi regionali per la prevenzione dei rischi nelle attività di tatuaggio e piercing; lo standard professionale degli operatori e il relativo percorso formativo; le modalità per l’esercizio delle funzioni di controllo e vigilanza.
In più, stabilendo l’esonero dall’obbligo di frequenza ed esame dei corsi di tatuaggio e piercing chi ha frequentato e superato un corso regionale, e, per la sola attività di dermopigmentazione, gli estetisti abilitati che dimostrino la frequenza del corso per uso del dermografo e per l’apprendimento delle prescrizioni igienico-sanitarie previste. Disposizioni, tutte, che comunque non si applicano ai tatuaggi con finalità medica, di esclusivo esercizio del personale sanitario.
Confestetica ha proposto ricorso contestando soprattutto quanto previsto per l’attività di dermopigmentazione, deducendo un contrasto fra la disciplina statale e quella regionale, sostenendo che il legislatore nazionale ha riservato agli estetisti l’attività di dermopigmentazione mentre il legislatore regionale ha esteso anche ai tatuatori la possibilità di svolgere questo servizio.
Per il Tar “la facoltà che categorie professionali che abbiano conseguito idonei attestati diversi da quelli degli estetisti possano eseguire il trattamento di dermopigmentazione è pienamente corrispondente al principio di libera concorrenza e di libertà di iniziativa economica, costituzionalmente riconosciuti”.